Cup in farmacia, si decide C’è la stima sul costo

Cup in farmacia sì o no: serrate riunioni ieri per tutta la giornata tra farmacisti, e tra Federfarma e Azienda sanitaria. E molta tensione. Sono arrivate le cifre di stima sul costo effettivo che il servizio Cup comporta per le farmacie, che non vogliono più garantirlo gratuitamente. I farmacisti attendevano gli esiti di questa analisi. Federfarma stessa l’aveva commissionata (e pagata) alla fondazione Cref di Udine nella speranza di sbloccare il braccio di ferro con Azienda sanitaria e Regione e vedersi remunerato, grazie al parere neutro di un ente certificatore esterno, il servizio di prenotazione per visite ed esami svolto gratuitamente da 10 anni ma, con le proroghe, ormai 10 e mezzo. Gratis mai più, questa è la ferma posizione di Federfarma.
A fine mese scade l’ultima proroga gratuita, decisa come ultima via d’uscita lo scorso aprile. Se questo estremo tentativo andasse a finir male (o per rifiuto della categoria che potrebbe giudicare il compenso ancora troppo basso, o per rifiuto della Regione se lo ritenesse viceversa troppo alto) il servizio di prenotazione esteso a 66 farmacie del territorio stavolta cesserebbe del tutto.
Il Cref ha stimato che ogni prenotazione “vale” 2,20 euro. Nel corso delle estenuanti trattative iniziate lo scorso autunno, e finite in un saliscendi di “serrate” e di proroghe, Federfarma aveva chiesto 2 euro, ricevendo dal direttore generale dell’Azienda sanitaria Fabio Samani una controfferta di 1,40 comprensivi di Iva. Ed è stata rottura. La nuova cifra sarà quella dell’accordo finale oppure no? Mancano solo 7 giorni al verdetto.
Il documento del Cref è stato già inviato in Regione. Gli analisti hanno frequentato in questi due mesi alcune farmacie, monitorando le modalità di esecuzione della prenotazione, il tempo di impiego del personale, il numero di cittadini che ha richiesto il servizio, ha incrociato i dati con le spese, e tratto le conclusioni. Ma per ora è piena incertezza sull’esito. Primo passo, verificare se a tutti i farmacisti (che ormai piangono per la crisi) la cifra di 2,20 va bene. Secondo, trovare un consenso all’Azienda sanitaria. Terzo, avere il verdetto della Regione che poi deve sborsare i soldi.
In 10 anni i triestini avevano imparato ad apprezzare la comodità, di cui erano stati per lungo tempo gli unici a godere (ora il Cup in farmacia esiste a Pordenone), tanto che oltre il 40% delle prenotazioni avveniva in farmacia, con più di 182 mila pratiche evase nel 2010, ultimo anno di servizio pieno, senza stop e senza scioperi.
Fra le richieste ultimative dei farmacisti c’era, come si ricorderà, anche il ritorno della distribuzione delle medicine salvavita e per malattie croniche, ormai massicciamente consegnate ai pazienti in via diretta dal servizio sanitario, non solo per buona pratica medica ma anche per risparmio. Su questo punto Federfarma l’ha già spuntata, è stato firmato un accordo che coinvolge sia Trieste e sia l’Isontino, e grazie al quale le farmacie riceveranno 6,50 euro (o in certi casi 7,60) più Iva per ogni confezione distribuita. Mentre il servizio sanitario conserva il risparmio dell’acquisto diretto, che gode di uno sconto vicino al 50% rispetto al canale farmaceutico. Per la categoria, così decisa nella “lotta”, e tante volte convinta a soprassedere, è forse l’ultima occasione. E per il servizio sanitario pure. I cittadini aspettano e non contrattano.
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