Da Milano a Trieste in 5 ore e 20 minuti su un carro ferroviario

Quindici febbraio. Sto rientrando in treno da Milano, dove ho partecipato la sera precedente a un incontro con il presidente della Repubblica Federale Tedesca, in visita di Stato in Italia. Ovviamente, per questo viaggio breve, ho scelto il treno. L’ho fatto per evitare le colonne eterne dei Tir che di solito bloccano due delle tre corsie autostradali e sfuggire alla minaccia del sistema “safety-tutor”. Il display del mio cellulare vibra e mostra il numero del capocronista del Piccolo che mi chiede qualche riga sulle mie esperienze di viaggiatore e cliente di Trenitalia. Coincidenza? Impossibile. Azzeccato sì! Allora scrivo in un carro ferroviario che non merita il nome vagone. Tra Mestre e Trieste. E scrivo nel mio italiano “ratzingeriano”.
Ieri mattina sono partito dalla stazione di Monfalcone. Sì, preferisco questa stazione piccola dove trovo posteggio gratuito nelle vicinanze; e poi da casa mia risparmio anche 20 minuti che contano parecchio se parti di mattina presto. Buono il collegamento del treno Frecciabianca, ci arrivi in meno di quattro ore. All’andata non ho avuto da contestare proprio niente. Ma poi?
I biglietti di solito li prenoto tramite internet con il sistema Ticketless. All’andata funziona: niente fogli, i dati necessari mi arrivano sul cellulare. Al ritorno invece è tutta un’altra storia. I miei impegni a Milano rendono impossibile il rientro con il collegamento diretto. A Mestre devo scendere dal Frecciabianca Milano-Venezia, come mi succede anche se arrivo da altre destinazioni italiane, e salire poi su un treno cosiddetto “regionale”. Collega comunque il Veneto col Friuli Venezia Giulia: interregionale sarebbe più adatto. A parte le condizioni di questi treni, offensive nei confronti del viaggiatore - che è comunque sempre un cliente pagante di Trenitalia -, scopro che il biglietto non si può prenotare con il Ticketless, mentre a Milano avevo ricevuto un codice da inserire poi in un distributore automatico che sputa fuori due biglietti da convalidare. Come quelli comprati in biglietteria. Stavolta il sistema non funziona. Allora ne chiedo al controllore per il motivo. «Sono due treni diversi», risponde. «Ma non si tratta della stessa compagnia?». «Il treno diretto è nazionale, Mestre-Trieste invece è un treno regionale».
Il pover’uomo cerca di sfuggire. «Mi scusi!». Alzo leggermente la voce perché voglio che ci sentano gli altri clienti di Trenitalia. «Il Friuli Venezia Giulia e Trieste non fanno parte dalla rete nazionale?». L’uomo si ferma un attimo, respira profondamente, poi risponde ancora abbastanza gentile: «Guardi, signore. Lei potrebbe avere anche il Ticketless per il rientro. O prende il treno diretto o, tramite internet, fa due biglietti separati al posto di uno solo». Sempre Trenitalia. Mi sembra un anacronismo. Perché allora la possibilità di prenotare elettronicamente? Alla fine quest’azienda cerca di risolvere i suoi problemi interni sulle spalle dei clienti. E se hai finito il lavoro a Milano tardi e cerchi di rientrare con l’ultimo treno dalle 21.05, devi aspettare alla stazione di Mestre il collegamento una mezz’ora abbondante. Finalmente arrivi a casa dopo un viaggio di 5 ore e 20, alle 2.25 del mattino.
Mestre: “La stazione più brutta del mondo”, così l’aveva definita il protagonista del mio romanzo “La calma del più forte”. E devo dire che quella calma serve veramente. Dopo le nove di sera non trovi neanche più un bagno aperto e ancor meno un bar. Le piattaforme sono piene di cacche di colombi annidati a centinaia sotto le tettoie. Devi fare attenzione a dove appoggi la valigia per non sporcarla, ed è meglio stare lontano dalle coperture che in teoria dovrebbero proteggerci. Finalmente sali su un treno che è più che sporco e non garantisce affatto igiene e salute del cliente di Trenitalia. Da querelare. Perché noi triestini ci facciamo trattare da questa impresa nazionale, insieme con un milione e 200mila abitanti dalla Regione, come persone di terza categoria? Beh, un po’ sarà anche colpa nostra, qui regna una storica capacità di subire di tutto e di più e di sentirsi bene con le eterne lamentele.
Il “capotreno” Moretti ha spostato di nuovo la sua visita in città. Ci sarà tempo a sufficienza per organizzare un grande benvenuto, aspettarlo tutti insieme e fargli capire che il gioco leggero di questa azienda deve finire? In altre città succede. Il nostro giornale potrebbe portare la bandiera e coordinare l’organizzazione e la protesta. Ricordiamo a Moretti che c’è anche una seconda stazione di Trieste che si chiama Villa Opicina e che dovrebbe diventare una specie di “Gare du Nord”, come esiste a Parigi ma che esiste anche in altre città più piccole. Come lo è Mestre per Venezia. In teoria una stazione ideale per tutti i collegamenti internazionali, senza perdere quei 40 minuti preziosi di cui il treno Roma-Budapest, quando esisteva ancora, aveva bisogno per ritornare a Trieste “Termini” e salire sul Carso. In altri Stati il traffico internazionale porta fatturato. Sarebbe bello, ma solo a una condizione evidentemente: che venga modernizzata la stazione di Villa Opicina e aggiunta l’indicazione “Trieste” sugli orari, cosìcché anche il viaggiatore straniero possa sapere dove capiterà. E a condizione che ci siano servizi adeguati, prima di tutto una biglietteria, e che il Comune crei il collegamento coi trasporti pubblici. Nella sua campagna elettorale Roberto Cosolini aveva raccolto tanti consensi quando prometteva di presentarsi dalle Ferrovie di Stato come un carro armato per lottare per la cosa giusta. Allora vai!
A proposito di trasporto pubblico: il 40% di TriesteTrasporti è di proprietà delle ferrovie tedesche, così come il 60% della Saf di Udine e delle aziende di tanti altri comuni nel Nord dell’Italia. “Arriva” si chiama la società, una volta inglese, acquistata nel 2010 della Deutsche Bahn AG per 2 miliardi e 800 milioni di euro. E adesso sedetevi prima di finire. L’antitrust della Commissione Europea ha autorizzato questa transazione solo a patto che le ferrovie tedesche cedessero la partecipata di Arriva in Germania. Indovinate chi ha comprato questo colosso di trasporto? Le Ferrovie di Stato Italiane spa. Ma lì dai “crucchi” la gestione italiana funziona molto meglio che nel nostro Nordest. Guten Morgen, Herr Moretti, è l’ora per svegliarsi!
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