Da ”Unabomber” a cassintegrato

Ha perso il lavoro, poi l’ha ritrovato, ma ora è in cassa integrazione a 800 euro al mese. Così l’ingegner Elvio Zornitta, sospettato per molto tempo di essere l’Unabomber del Nordest, trascorre il suo tempo in Tribunale a Trieste
TRIESTE
L’ingegner Elvo Zornitta ieri mattina ha percorso il lungo corridoio lungo il quale si apre la porta dell’aula del Tribunale in cui un paio di anni fa era stato protagonista, suo malgrado, di affollate e agitate udienze. Ieri l’uomo che per anni è stato ritenuto a torto l’attentatore del Nordest, l’imprendibile Unabomber era solo, senza il codazzo di reporter e fotografi che a ogni sua apparizione a Trieste nei corridoi del Tribunale lo pressavano e gli puntavano addosso i loro microfoni e i loro obiettivi. Un assedio non solo mediatico.

«Sono stato in cancelleria» ha affermato ieri l’ingegner Zornitta poco prima di mezzogiorno mentre riguadagnava l’uscita.


«Sto leggendo le diecimila pagine del ”mio” fascicolo d’inchiesta. Voglio conoscere tutti i dettagli, tutti i retroscena di una storia che ha rovinato la mia vita e quella della mia famiglia per anni e anni per trarne eventualmente una copia conforme. A causa dell’inchiesta avevo perso il lavoro . Poi con l’archiviazione l’avevo ritrovato, ma è durato poco a causa della crisi. Ora sono stato posto assieme a tanti colleghi in cassa integrazione a 800 euro al mese. Devo pensare alla famiglia e non posso spendere tutti i soldi necessari per chiedere copia in cancelleria degli atti dell’inchiesta che mi ha coinvolto. Ecco perché sono venuto a Trieste per leggerli e per annotare i passaggi più significativi. Voglio capire come si è messa in movimento la macchina che ha rischiato di stritolarmi.


Non è una questione di cause civili per ottenere un risarcimento. A questo stanno pensando i miei avvocati. Il problema è diverso: voglio capire cos’è accaduto dietro le quinte, quali sono i meccanismi, le procedure con cui gli inquirenti cercano di fare di un uomo sospettato un colpevole...».

L’ingegner Elvo Zornitta mentre ieri percorreva i lunghi corridoi del palazzo di giustizia di Trieste è stato riconosciuto da alcuni avvocati e testimoni in attesa all’esterno di un’aula di udienza. Lo hanno osservato, lo hanno identificato e più tardi, quando l’ingegnere era ormai lontano e non poteva sentire le loro voci, si sono scambiati qualche battuta al vetriolo. Un segno preciso che testimonia com’è difficile uscire di scena, essere finalmente dimenticati quando per anni si è stati ritenuti colpevoli anche se nessuna sentenza era mai stata pronunciata.


Elvo Zornitta, ora ingegnere in cassa integrazione a 800 euro al mese, è uscito ufficialmente di scena nel marzo del 2009 grazie alla decisione di due magistrati che hanno lo studio nello stesso anello di lunghi corridoi percorsi ieri in totale solutidine dal protagonista di questa storia. Prima il pm Federico Frezza della Direzione distrettuale antimafia, aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta. Secondo il magistrato «i risultati delle indagini non giustificano l’esercizio dell’azione penale, in quanto non si prestano a sostenere l’accusa in giudizio in modo adeguato. La conseguenza è che questo procedimento deve essere archiviato». Era il 30 dicembre 2008.


Il primo marzo 2009 il giudice Enzo Truncellito aveva detto «si» alla richiesta della Procura ed Elvo Zornitta formalmente era uscito di scena. Invece ha dovuto ancora combattere a Venezia nel processo in cui era imputato il poliziotto che modificando il profilo di un lamierino con un paio di forbici, aveva tentato di incastrarlo per sempre nel ruolo di Unabomber.

Ezio Zernar, il responsabile del laboratorio di indagini criminalistiche di Venezia, secondo la sentenza di primo grado pronunciata dal giudice Sergio Trentanovi, era «frustrato» perché non riusciva a incastrare Unabomber.


Perciò aveva preso il lamierino della bomba inesplosa rinvenuta nella Chiesa di Sant'Agnese di Portogruaro il primo aprile 2004 e l’aveva rifilato con un paio di forbici sequestrate a Elvo Zornitta, l'ingegnere a lungo indagato. La sentenza aveva assegnato 200 mila euro di risarcimento all’ingegnere calunniato. Ma i soldi Elvo Zornitta non li ha mai visti e oggi deve vivere con 800 euro al mese e ricopiare a mano gli atti del ”suo” processo.

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