Dai farmaci antitumorali ai cateteri: il business dei furti negli ospedali Fvg

TRIESTE. Cateteri, pannolini, guanti, garze, siringhe e amuchina. Ma anche costosissimi farmaci antitumorali e preziosissimi endoscopi. Eppoi smartphone, portafogli, orologi... E persino carta igienica. Gli ospedali, piccole “città nella città” dove i controlli sono fisiologicamente difficili e dove talvolta a sgarrare sono gli stessi dipendenti, finiscono preda di continue ruberie. Da Nord a Sud. Da Genova, dove a una bambina che stava perdendo la vista i genitori di altri piccoli pazienti hanno rubato un tablet che conteneva le sue ultime foto, sino alla Sicilia dove a un’anziana vedova sono state sottratte le fedi nuziali sue e del marito.
Il Friuli Venezia Giulia, purtroppo, non fa eccezione. E anzi si scopre preda non solo dei “furbetti da corsia” che approfittano della disattenzione del personale, delle falle nella sicurezza o delle leggi sulla privacy. Ma anche di ladruncoli occasionali che, come a Latisana, sfilano portafoglio e cellulare ai malati terminali. Di ladri per caso come l’idraulico che, a Pordenone, si fa beccare mentre scassina gli armadietti degli spogliatoi del personale. Di ladri di biciclette che, come a Monfalcone, colpiscono nel park esterno. Peggio, molto peggio: di ladri professionisti che commettono furti su commissione mettendo le mani su attrezzature diagnostiche che valgono migliaia di euro e che, rivendute sul mercato nero sia per intero sia come pezzi di ricambio, fruttano lauti guagagni.
L’assessorato regionale alla Salute ha tirato le prime somme di un fenomeno, questo dei furti più ingenti, che ormai ha assunto proporzioni rilevanti. Nel report dei primi otto mesi del 2016 risultano tredici casi che coinvolgono buona parte delle Aziende del Fvg per complessivi 620.251,84 euro.
A questi va aggiunto un ulteriore maxi colpo messo a segno in seguito a Trieste del valore di circa 300mila euro. L’Azienda più flagellata, quella che ha fatto lievitare il dato dei “sinistri”, è l’Ass2 di Gorizia, che accusa un ammanco di ben 506.635,74 euro, frutto di tre colpi. I ladri hanno portato via endoscopi. Il resto è suddiviso tra il Burlo che si è visto portare via un apparecchio da 32.000 euro, l’Asui di Trieste che ha perso 3.616,10 euro di materiale sottratto in sei occasioni diverse e l’Asui di Udine che ha registrato tre furti per un totale di 78mila euro.
Furti grandi, certo. Ma non solo. Gli ospedali sono bersagli abbastanza facili. Non è poi così difficile, pare, introdursi in un ufficio e far man bassa di portatili, tablet o proiettori. E nemmeno far spiccare il volo ad auto e scooter aziendali presenti nei parcheggi. Per non parlare di ciò che accade in corsia con gli effetti personali sottratti ai dipendenti e ai pazienti. Le segnalazioni e le denunce non mancano. È proprio la mancanza di veri sistemi di vigilanza capaci di coprire tutti gli ambienti ospedalieri a facilitare il lavoro dei malintenzionati. Per ovvie ragioni di privacy non tutto può essere monitorato. Quindi, se è possibile controllare i corridoi e i punti di maggior passaggio con le telecamere a circuito interno, come già accade, è sicuramente più difficile farlo nelle stanze dei degenti o negli ambulatori in cui si fanno gli esami. «Non è una battaglia affatto semplice» ammette il direttore centrale dell’assessorato alla Salute Adriano Marcolongo. E spiega: «C’è tutto il tema della vigilanza e di come poter chiudere tutta una serie di cose sotto chiave».
D’altronde gli ospedali e le strutture sanitarie spesso sono piene di ingressi e uscite secondarie, difficili da tenere sott’occhio. Oltre ai pazienti e ai familiari, entrano ed escono medici, infermieri, studenti, inservienti, tecnici, impiegati e il personale delle ditte. Gli ospedali, da questo punto di vista, sono quasi dei colabrodo. «Le portinerie sono statiche - osserva il dirigente - non è possibile controllare la gente». Ma sono i furti su commissione a impensierire maggiormente i vertici sanitari. Perché, fintanto che sparisce qualche siringa o qualche cannula è un conto, ma se un reparto resta all’improvviso senza un intero macchinario diagnostico da migliaia di euro il discorso è molto diverso. Chi agisce sa come, quando e dove farlo. Conosce i posti in cui sono custodite le strumentazioni più costose. Portarle via, poi, non è un gioco da ragazzi: l’area presa di mira non deve essere coperta da sistemi di videosorveglianza e bisogna sapere cosa prelevare. I ladri si muovono di sera o di notte, quando nei meandri dei corridoi c’è meno via vai? Si confondono tra il personale? Hanno complici all’interno?
«Chi lavora su commissione è interessato soprattutto alla tecnologia di valore - avverte ancora Marcolongo - è questo il vero problema». Per non parlare dei farmaci. Pure questi rubati su commissione, visto che spariscono in particolare i più costosi, come quelli per curare i tumori. «Medicinali oncologi che vengono riciclati nel mercato nero - spiega il direttore - . Comunque non era mai capitato di dover fare i conti con oltre 600mila euro di furti. Ripeto: chi porta via un’intera strumentazione endoscopica appartiene a un’organizzazione, è gente che sa mettere le mani».
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