Dal Sudafrica fino alla Romania un antiparassitario contro il virus

BELGRADO Un antiparassitario da decenni disponibile sul mercato, usato per disinfestare gli animali oltre che per liberare gli umani da scabbia e pidocchi, viene visto anche in ampie parti dell’Est come potenziale trattamento contro il Covid. Conquista persino i favori di Paesi Ue come la Slovacchia, che danno il via libera all’uso terapeutico. Ma provoca anche controversie e forti polemiche, anche a causa dell’assenza di studi definitivi che ne provino l’efficacia o la sua inutilità. È l’ivermectina, un nome che sta facendo sempre più discutere, da Bratislava a Bucarest e non solo. Discussioni che sono particolarmente accese in Romania, dove di recente si è registrato – in negozi che vendono farmaci veterinari – un boom di vendite del medicinale in questione, nella versione in compresse destinata agli animali e non quella in crema, autorizzata per l’uso sulle persone. L’esca che ha scatenato la corsa all’ivermectina sono stati post sui social network che hanno esaltato le virtù taumaturgiche del farmaco contro il Covid, ma anche le dichiarazioni a favore di alcuni medici. Il risultato, un passaparola vorticoso con conseguente corsa alle “farmacie veterinarie”. Ma gli scettici sono molti.
«Il farmaco in Romania è autorizzato solo come medicamento nelle malattie della cute», altro che Covid, hanno ricordato i media locali. «Ci sono studi promettenti, ma il farmaco non è ancora approvato» da Bucarest, ha detto l’esperto di salute pubblica Rzvan Chereces. L’idea è «completamente sbagliata», assumere senza indicazioni scientifiche una medicina del genere «per un lungo periodo di tempo può causare gravi effetti», ha stigmatizzato Alexandru Rafila, il rappresentante romeno all’Organizzazione mondiale della sanità. Ma la Romania non è un caso isolato. In Ungheria, già a fine novembre, era stata registrata nel Paese una domanda crescente di ivermectina, nella versione per uso veterinario, a cui era seguito un preoccupato ammonimento da parte dell’Autorità magiara per la salute alimentare (Nebih). «Può essere pericoloso», la chiara allerta del Nebih. E in più «l’ivermectina non è al momento indicata per la prevenzione o il trattamento del Covid». Sulla stessa linea anche l’Fda e il National Institute of Health americani, che hanno segnalato che ci sono «al momento dati insufficienti per raccomandarne l’uso o sconsigliarlo nel trattamento del Covid».
Ma c’è anche un’altra campana. È quella che è risuonata ad esempio in Slovacchia, primo Paese Ue ad aver autorizzato «l’uso terapeutico dell’ivermectina» per sei mesi nei pazienti Covid ricoverati negli ospedali slovacchi e addirittura la vendita in farmacia su ricetta, ha informato mercoledì la portavoce del ministero della Salute di Bratislava, Zuzana Eliasova. Eliasova ha sottolineato che il farmaco «avrebbe registrato» un impatto efficace «in test in vitro e su animali, ma anche in casi clinici in tutto il mondo». In Slovacchia, «l’interesse» per un uso anti-Covid è «cresciuto dopo che studi hanno dimostrato che l’ivermectina può funzionare» contro l’infezione, ha specificato il giornale Dennikn. Si tratta di un riferimento in particolare a un “paper” pubblicato ad aprile su “Antiviral Research”, che poi ha dato il la a decine di test clinici in tutto il mondo, ha specificato l’agenzia Afp, che nel suo servizio “Fact Check” ha però ribadito che l’ivermectina al momento «non è un trattamento» contro il Covid «scientificamente provato». Ciò non ha fermato il Sudafrica dal dare luce verde, il 27 gennaio, «all’uso compassionevole» del farmaco e neppure allo Zimbabwe, ma pressioni pro-ivermectina sono state registrate anche in Brasile, Bolivia, Francia, America Latina e Corea del Sud.
A novembre, anche l’università di Trieste aveva richiesto il via libera per una sperimentazione su base volontaria del farmaco – usato pure per la prevenzione di malattie tropicali – nelle case di riposo e tra operatori sanitari nella nostra regione, ma a gennaio è arrivato il semaforo rosso dell’Aifa, spiega il proponente dello studio, professor Marco Confalonieri. Questo perché secondo l’Aifa la terapia profilattica potrebbe confliggere con la campagna vaccinale in corso. –
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