Dal velista montanaro alla decana “Lucetta” fino al mitico posaboe Le mille storie della Stv

IL REPORTAGE
Primavera 1923. Al Caffè Tommaseo si riuniscono i soci fondatori della nascitura Filonautica Triestina. Il guidone azzurro, con crociato bianco e stella dello stesso colore, è disegnato da Mario Lucas. La prima sede sociale è su una vecchia brazzera, comprata per cinquemila lire. Nel 1925 il circolo acquista dall’Adriaco la sede galleggiante e nel 1931 cambia nome in Società Triestina della Vela. La grande storia fa però irruzione con la Seconda guerra mondiale: bisogna quindi aspettare il ’46 per l’affiliazione all’Usvi (poi Fiv).
In quegli anni bazzica già la Sacchetta la signora Lucia “Lucetta” Giurco, colonna portante della società, che a 85 anni ha appena portato una barca attraverso il canale di Corinto: «Frequento la Triestina della Vela da quando sono nata, a dicembre, ragion per cui ho dovuto aspettare di avere sei mesi per iniziare ad andare in barca. Poi c’è stata la guerra. Sono tornata nel 1945. Negli anni sono stata in direttivo, ho potato i fiori, ho fatto pure il proboviro: la società è per me una seconda casa, anche se la mamma diceva fosse addirittura la prima. Nel 1963 mio padre mi ha lasciato la barca e ho fatto la mia prima crociera. L’anno prima avevo conseguito la patente nautica: sarò stata la seconda o terza donna, a Trieste. Non ho fatto grandi regate ma mi reputo un buon marinaio». Idem per Giorgio Fonda, «arrivato nel 1946 al seguito di mio zio Giurco, che aveva una passera qua. Avevo undici anni, facevo l’allievo. Presto ho iniziato le regate come prodiere: quela volta i timonieri ingrumava i prodieri sul molo. Raggiunta l’età sono diventato socio, sarà stato il 1954». Oggi Giorgio ha 83 anni ed è appena rientrato da una crociera di tre settimane in Dalmazia. Nei primi anni Cinquanta, peraltro, sotto il Governo alleato, comincia la costruzione del Pontile Istria e della nuova sede, inaugurata poi nel 1956.
L’albo d’oro inizia effettivamente a riempirsi nel 1949: «Le pagine relative al periodo precedente sono andate perse nei vari traslochi - afferma il presidente Marco Penso -. Ne rimangono comunque otto, scritte fitte, con decine di campioni mondiali, europei e nazionali. I risultati più prestigiosi sono comunque quelli alle Olimpiadi». «Con sei atleti a cinque cerchi, siamo tra i circoli con più olimpionici in Fvg», aggiunge la vicepresidente Marina Simoni. il primo olimpionico della società è Roberto Vencato, «arrivato piccolissimo da Brescia al seguito dei genitori: hanno trovato casa nella stessa palazzina della famiglia Fonda-Giurco, che li ha portati alla Triestina della Vela. Da buon montanaro, non amavo le stesse cose dei bambini triestini: andavo in barca per disperazione. Tuttavia ho seguito la trafila, dal 1955. Poi con Giorgio Lavalle e Roberto Sponza ci siamo messi a regatare seriamente. È stata una fortuna rappresentare l’Italia alle Olimpiadi di Montreal nel 1976. In seguito ho allenato la nazionale per 14 anni e adesso fabbrico vele: non mi sono allontanato». Agonista dall’età di 12 anni, figlia e nipote di soci, oggi è la giovane Matilde Di Stefano a provare una campagna olimpica.
Agli anni Ottanta risale la costruzione dei pontili di cemento, mentre negli anni Duemila la sede è ristrutturata e ampliata con sale sportive, officina e palestra. In autunno sarà inaugurata una nuova sala al coperto con ulteriori 80 metri quadrati per attività giovanile e ricreativa. Si arriva così al presente con 583 soci, di cui 17 benemeriti, diverse squadre divise nelle classi optimist, 420, laser, snipe, finn e altura per un totale di quattro allenatori e oltre cinquanta atleti. I laser si sono riuniti in un gruppo, chiamato “Salty dogs”: «O “cani salati”, in italiano - spiega uno dei componenti, Pietro Riavez -. Ci alleniamo con regolarità ma siamo molto uniti soprattutto a livello di amicizia e partecipiamo a numerose regate in Italia e all’estero. Il gruppo serve a includere quei “muloni” che hanno smesso di fare agonismo giovanile. E poi c’è lei: mia figlia Margherita, che a sei anni ha appena fatto il suo primo corso di vela». «La scuola è antica e importantissima - aggiunge la vicepresidente - perché fucina di futuri talenti da cui attingiamo per formare le squadre agonistiche; ci teniamo tanto affinché gli istruttori si siano formati da noi».
Tra le numerose regate organizzate dalla società spiccano il Trofeo Bisso, la Coppa Bongo, la Marinaresca, in notturno, e la Nastro Azzurro. «Quelle di fine agosto sono le regate sociali - riprende Penso -, il bello è che si svolgono assieme all’Adriaco: c’è sinergia. Organizziamo anche una regata di beneficienza, la “Sailing for children”, con tanto di lotteria. Fondamentale è il contributo dei posaboe, veri artefici delle regate e lupi di mare, tutti volontari». È il caso di Nereo Battagliarini, socio dal 1997, che quando c’è una regata esce «in mare la mattina presto e si rimane fuori tutto il giorno, si tirano su le ancore e i pesi morti». Un anno ha pure vinto la Coppa Calbu, un premio goliardico, «per aver rovinato la regata Nastro Azzurro 2013: ho sgonfiato la boa pensando che il giro fosse concluso ma ne mancava ancora uno! La gente chiedeva dov’è la boa, il mio compagno di barca la sventolava in risposta. In mare succede di tutto».
L’attività sociale è variegata. «Di recente, ad esempio, abbiamo tenuto una conferenza su Carl Weyprecht, esploratore austriaco scopritore della Terra di Francesco Giuseppe, nel mare di Barents - afferma l’addetta alle pubbliche relazioni Maila Zarattini -. Abbiamo indetto il concorso letterario “Raccontami il mare” e collaborato con Barcolana e Museo del Mare». Si pubblica pure un bollettino societario, “La Brazzera”, diretto dal giornalista Pino Bollis: «Sono socio dal 1958, non ho potuto fare la scuola di vela a causa degli orari di lavoro. Poi sono andato in pensione. Da allora dò la vita per la società. Curo il notiziario da 23 anni. Negli anni ho posseduto dieci barche, organizzato e anche tenuto corsi di meteorologia e di patente nautica, sono stato in Consiglio direttivo, ho curato le pubbliche relazioni. Ma se ho cominciato ad andare in barca è stato grazie a mia moglie, figlia di un meccanico navale: con lui si poteva parlare solo di nautica». —
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