Dalle pagode ai leoni fino all’alabarda: il bestiario fantastico delle fontanelle di Trieste

Oltre alle fontane monumentali esiste una ricca architettura nascosta nelle strade e dentro le case anche se spesso è trascurata

Zeno Saracino
Un delfino che sgorga acqua in via Crispi (Lasorte)
Un delfino che sgorga acqua in via Crispi (Lasorte)

Una vasta collezione di fontanelle si dispiega dall’altopiano del Carso fino alle vie più nascoste di Città vecchia di Trieste: un’antica sopravvivenza di un’ampia rete idrica che, prima degli allacci con l’acqua corrente nelle case, svolgeva un importante ruolo nell’economia cittadina.

Se infatti fontane monumentali e gli oggigiorno scomparsi “fontanoni” consentivano di trarre l’acqua per le pulizie e per l’abbeveraggio dei cavalli, le fontanelle erano punti di distribuzione di acqua potabile capillari nei quartieri della Trieste settecentesca e ottocentesca. La qualità dell’acqua variava di zona in zona; e non era raro che una fontanella fosse rinomata per la qualità delle sue acque. Sembra, dalle cronache cittadine, che la fontanella migliore fosse quella di San Niceforo, oggi “della Zonta”.

Necessità e simbolo: le fontane di Trieste tra acqua e luci
Una carrellata di fontane a Trieste nella gallery di Andrea Lasorte

Eppure, nonostante il ruolo storico all’interno della città, continua a mancare una reale attenzione verso le fontanelle cittadine: quando vengono demolite o danneggiate ci si limita ad asportarle, senza procedere ad una reale sostituzione; e spesso rimane solo il rudere o l’ombra d’un rubinetto asciutto.

Il modello “classico”

Il modello maggiormente diffuso, risalente al Novecento, presenta un fusto di ghisa dipinto di verde con rubinetto in ottone azionabile col pulsante; maggiormente raro invece il modello con rubinetto cromato a manopola.

Simile, ma meno diffuso a Trieste il modello “a pedale”, di solito di grandi dimensioni; l’esempio maggiormente conosciuto è in piazza del Ponterosso.

La variante in pietra

Il secondo modello, diffuso specie nel Carso o nei quartieri storici, presenta una struttura a parete con una vasca semicircolare di pietra: l’acqua prorompe da un pulsante in cima ad una colonnina che sormonta una griglia o una conca. Il motivo dominante è quello del fiore o del vegetale. Tanto coi modelli di ghisa, quanto di pietra il “parabora” di ferro, situato ad uno dei due lati della fontanella, costituisce una particolarità tutta triestina.

Le fontanelle scolpite tra ‘700 e ‘800

Tuttavia, accanto ai modelli maggiormente diffusi, la città conserva un eterogeneo assortimento di fontanelle scolpite tra Settecento e Ottocento. Partendo dal centro cittadino, nella semicircolare piazza della Valle, è possibile ammirare una fontanella del 1854 dell’architetto Giuseppe Sforzi. Nonostante l’alabarda triestina, la foggia imita il miḥrāb, la nicchia che indica la direzione della Mecca.

La copertura superiore, a corredo della struttura, imita invece la fontana all’interno del Gran Bazar di Istanbul.

Sforzi aveva infatti realizzato un grande fontanone turco in piazza della Caserma, oggigiorno Oberdan; la fontanella di piazza della Valle è l’ultimo esempio di un’infatuazione per gli arabeschi delle Mille e una Notte.

Il leone di piazzetta Santa Lucia

Spostandosi di poche centinaia di metri nella vicina piazzetta Santa Lucia lo sguardo si ferma su una testa leonina di metallo: era un tempo una fontana con una vasca e due rubinetti, costruite nel 1854. La zona infatti aveva, nel 1831, un pozzo circolare nel mezzo della via; a seguito delle successive costruzioni si scelse di coprirlo e connetterlo con una fontana integrata nel muro di cinta del cortile della chiesa della Beata Vergine del Soccorso. Una delle due teste fu poi trafugata negli anni Settanta del novecento, la fontana smise di funzionare e oggi è il punto di bookcrossing più popolare della città.

Creature fantastiche

Nell’ambito delle creature fantastiche utilizzate quali fontane – sono innumerevoli gli esempi nei cortili e nei giardini privati di Trieste – ritroviamo in via Crispi, nella parte alta, la scultura di un delfino un tempo utilizzata quale fontanella, addossata ad una massiccia lastra di pietra e nella parte bassa, a fianco del Politeama Rossetti, la fontana “di Gigi Ganassa”, raffigurante un leone talmente corroso dal tempo d’aver perso la mandibola.

La zona di Barcola conserva infine due esemplari particolari: via del Lavareto 70 mostra ancora una rozza nicchia, scavata nel muro di contenimento; e via Almerigo Grilz 2 una fontanella alabardata risalente al 1866 sormontata da una vezzosa copertura a forma di pagoda. —

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