Danni alle viti, “scagionati” i cinghiali

Ambrosi (distretto venatorio Carso): «L’uva viene divorata dagli uccelli. Per la caccia agli ungulati l’esempio è la Slovenia»
Di Francesco Fain

SAGRADO. Danni alle viti: scagionato il cinghiale.

A prendere posizione è Renzo Ambrosi, presidente del distretto venatorio Carso. «È da parecchio tempo - afferma - che il vostro quotidiano riporta servizi inerenti i cinghiali, confermando che questa specie ha un notevole impatto sul territorio, riguardante il dissodamento del terreno soprattutto nei boschi, ma anche nei prati o in certi casi anche nei vitigni, così come danni all’agricoltura nelle coltivazioni di mais al momento della maturazione dello stesso e così come in altri tipi di coltivazione, ma con impatti non sempre importanti. Quello che penso di escludere quasi completamente è il danno ai vitigni nel momento della maturazione o raccolta. In questo caso ritengo corretto il detto: “a Cesare quel che è di Cesare”. E cioè: quando sul grappolo, evidenziato anche in foto riportate in un paio di circostanze dal vostro quotidiano, l’uva è mangiata dall’alto verso il basso, il danno è prodotto soltanto ed esclusivamente dagli uccelli. Merli e ghiandaie, fauna tutelata e perciò abbattibile, ma in un tempo in cui l’attività venatoria non è concessa. Soprattutto passeri e migliaia e migliaia di storni, fauna protetta “per merito” degli animalisti, perciò mai abbattibile - attacca Ambrosi -. Se il danno al grappolo è fatto dal basso verso l’alto ed il grappolo resta al suo posto, ciò è attribuibile solo ed esclusivamente alla specie capriolo, che rovina il prodotto succhiandolo e passando da un grappolo all’altro, rovinando così parecchi grappoli. Nei casi, pochissimi peraltro, in cui il grappolo viene strappato dalla vite, allora ciò potrebbe essere causato dal cinghiale».

Secondo Ambrosi va sfatato anche un altro “mito”. «Per quanto attiene gli incidenti stradali la specie cinghiale, fauna estremamente intelligente, è coinvolta in pochissimi casi e raramente, a differenza della specie capriolo ed altre. Questa affermazione è facilmente documentabile esaminando l’elenco della fauna recuperata morta o ferita per investimento stradale, negli Uffici caccia delle singole Province». Come a dire: non buttate la croce addosso soltanto ai cinghiali.

Ma il presidente del distretto venatorio Carso va oltre. «Per quanto attiene al notevole incremento del cinghiale nell’ultimo decennio lungo il confine con la Slovenia, sì in corrispondenza del Collio, ma soprattutto alla periferia della città di Trieste, è dovuto a diversi fattori. Nella vicina Slovenia, proprio per i notevoli danni alle colture, la caccia è autorizzata tutti i giorni dell’anno senza alcun limite di orario giornaliero. Questo elemento fa sì che, trovandosi sempre disturbato, il cinghiale si sposti nel nostro territorio, dove l’attività venatoria è consentita: la caccia di selezione dal 15 maggio al 15 gennaio dell’anno successivo, escluso nei giorni di martedì e venerdì per “silenzio venatorio”, ma con limiti di orario (due ore prima dell’alba e due ore dopo il tramonto definiti per legge rispetto alle effemeridi solari)».

«Questo elemento virgolettato - aggiunge Renzo Ambrosi - fa sì che, mentre da maggio ad agosto le ore notturne di divieto sono poco meno di cinque, nei restanti mesi tali ore diventato fino a poco più di undici. È da sottolineare che i prelievi autorizzati sono ancora divisi per sesso, classe e qualità e perciò ulteriori limitazioni. Sempre ringraziando gli animalisti, inoltre, non è ammesso alcun tipo di fonte luminosa, neppure le lampade solari. Perciò neanche laser o visori notturni. La caccia tradizionale con il cane da seguita, dal 1 settembre al 31 dicembre, ma soltanto per 90 giorni».

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