Daspo al capo dei tifosi della Pallacanestro Trieste: tre anni di stop, Ghiacci lo difende

La visione dei filmati fa scattare le misure della Questura. L’ex presidente: «Una persona perbene»

Gianpaolo Sarti
La tifoseria biancorossa vista dalla Curva Nord del PalaTrieste foto Bruni
La tifoseria biancorossa vista dalla Curva Nord del PalaTrieste foto Bruni

Chi ha incontrato in questi giorni Andrea “Mario” Mariotti, leader e capo popolo della Curva Nord della Pallacanestro Trieste, lo ha trovato molto, molto provato. «È letteralmente devastato», confida senza mezzi termini un amico di vecchia data – la maglia, le partite... sono la sua vita».

C’è da credergli: un Daspo (Divieto di accedere alle manifestazioni sportive) di tre anni pesa come un macigno. Tre anni fuori dal giro. Niente pomeriggi in palazzetto (oggi è attesa la sfida contro Venezia), niente trasferte.

Non solo: per Mariotti la misura prevede per un anno intero anche l’obbligo di firma in Questura durante ogni match. Il provvedimento gli è arrivato tra capo e collo prima delle festività natalizie.

I fatti del 3 novembre

E riguarda ancora i fatti di domenica 3 novembre: l’agguato messo a segno all’esterno del PalaTrieste da una frangia estrema della Openjobmetis Varese, organizzato per aggredire i triestini mentre defluivano dal palazzetto a incontro terminato.

L’agguato e i feriti fuori dal PalaTrieste dopo la partita di basket, indaga la Digos: individuati 21 ultras
I disordini fuori dal PalaTrieste

Erano in ventuno, stando alle indagini della Digos: i supporter lombardi, scortati dalla Polizia fino all’imbocco della grande viabilità, avevano fatto finta di andarsene. Ma poi erano ritornati sui loro passi raggiungendo a piedi l’esterno dell’impianto sportivo di via Flavia impugnando bastoni e aste delle bandiere. Si era trattato di un attacco premeditato: in effetti il gruppetto di varesini, spalleggiato durante la partita dai gemellati ultras della Apu Udine, era uscito dal palazzetto una decina di minuti prima della conclusione della partita. Evidentemente per cogliere di sorpresa i triestini.

Gli agenti avevano provato a calmare gli esagitati, a parole, e a fermarli. Ma alcuni tifosi triestini avevano risposto alle provocazioni, arrivando alle mani con gli aggressori, nonostante l’invito dei poliziotti ad andarsene. Erano volati calci, pugni e bastoni. Qualcuno aveva usato anche segnali stradali per colpire, come transenne e altro. Mariotti era rimasto coinvolto in quegli scontri, come constatato dalla Digos nel corso delle indagini e quindi da testimonianze e immagini video. Ma non è chiaro cosa avesse fatto esattamente.

I provvedimenti

Da quegli episodi erano scaturiti subito vari provvedimenti cautelari: sei arresti (quattro lombardi e due triestini, poi scarcerati) e vari Daspo, da 2 a 5 anni per i triestini e dai 5 in su per gli ultras del Varese (con l’obbligo di firma per tre volte la settimana, oltre che durante le partite di basket della squadra).

Il caso sembrava in qualche modo chiuso, almeno sul fronte degli accertamenti investigativi. E nessuno si aspettava altre misure. Ma nei giorni scorsi anche il capo della Curva Nord è stato raggiunto dal Daspo. Mariotti, contattato telefonicamente, preferisce non commentare. «Sono molto provato», si limita a dire.

Il suo legale, l’avvocato Giovanni Adami, non ha dubbi: «Faremo tutti i ricorsi possibili e immaginabili in tutte le sedi preposte per venire fuori da questa situazione, che noi riteniamo essere assolutamente non meritata».

Chi è “Mario”

“Mario” non è uno qualunque. Nell’ambiente è un nome che conta. Da anni. E il suo non è di certo il profilo di un facinoroso. È un punto di riferimento, oltre che della tifoseria, anche per la società che lo ritiene una persona affidabile e di dialogo.

Lo conferma anche Mario Ghiacci, ex presidente della Pallacanestro Trieste: «Conosco molto bene Andrea da tanto tempo – spiega – e di lui non posso che parlare bene. Io non so cosa sia successo quella sera – premette – perché non ero presente, quindi non mi permetto di giudicare ciò che fa la Questura. Forse, in funzione di un provvedimento così pesante, deve aver combinato una birichinata. Perché per me lui è una persona molto seria, lo conosco fin dalla mia prima esperienza da general manager nel 2001. Mi pare molto strano che possa aver fatto qualcosa di male, anche a me è capitato di litigare con qualcuno in passato. Nella vita si possono fare errori, ma Andrea negli anni ha dimostrato equilibrio nel ruolo di coordinamento che ricopriva. È sempre stato attento». —

 

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