De Pellegrin, declino del re della movida

di Fabio Malacrea
Per una quindicina d’anni è stato il “re” della vita notturna cittadina a suon di musica latino-americana. Daniele De Pellegrin, coinvolto in un presunto giro di cocaina in città e ancora agli arresti domiciliari, con i suoi locali è stato capace di fare di Monfalcone un centro di attrazione della regione per gli amanti della movida. Anni ’90 e primi anni 2000: era stato il passaparola a fare del “Boavista”, della “Bomba”, quindi della “Ola” e del “Jeko Bay” i locali cult della trasgressione e del divertimento. Giovani e meno giovani calavano in città a centinaia da tutta la regione, gremivano i parcheggi davanti a Marina Nova e Marina Julia e al Lido di Staranzano. Finita la pacchia, il centro della movida si è trasferito nella Baia di Sistiana dove si trova tutt’ora. E a Monfalcone si sono spente le luci. Ma dei vecchi simboli della movida monfalconese cosa è rimasto? Il nulla o ruderi, sia che s’intendano i locali lanciati da De Pellegrin, sia le iniziative riservate ora in città al popolo della notte.
Che Daniele De Pellegrin ne sapesse una più del diavolo per fare scalpore fu chiaro già a fine anni ’80 quando, prima di rinnovare il bar di famiglia in via Duca’Aosta, organizzò una festa western in cui, alla fine, gli ospiti dovevano sfasciare il locale. Fu un successo.
Poi tutto partì con il “Boavista” negli anni ’90. De Pellegrin prese un chiosco in cui si mangiava fritto misto davanti al centro velico Hannibal e ne fece una sorta di tempio della musica latino-americana che si avviò in sordina trasformandosi in uno dei locali più “in” della regione. L’avventura durò qualche anno. Il “Boavista” aveva però un difetto: era troppo stretto. Nelle notti clou era dura rispettare le norme di sicurezza, c’era una vera bolgia. De Pellegrin allora pensò di ampliarsi affittando un capannone attiguo a Telemonfalcone, praticamente inutilizzato, a Bistrigna.
Il “Boavista” finì in un rogo che fece pensar male a molti e “La Bomba” - così De Pellegrin chiamò il nuovo locale - non ci mise molto a prenderne il posto. Un nuovo salto di qualità arrivò con la “Ola”, un rustico immenso a Marina Julia - lo Stallone - lanciato negli anni ’60 dalla famiglia Romano dove si mangiava carne alla brace, si beveva e ascoltava musica. Lo Stallone, lasciato dai Romano, era in declino e De Pellegrin lo rilanciò alla grande. Ma furono le severe norme anti-alcol a mandarlo in crisi: difficile resistere a lungo con blocchi delle forze dell’ordine e alcoltest istituiti lungo l’unica strada di accesso. E venne il “Jeko Bay”, un ritorno alle origini: un chiosco al Lido di Staranzano che nelle notti d’estate si trasformava nel centro della trasgressione sulla spiaggia. Nel 2004 fu addirittura inserito nella guida dei locali più trasgressivi dal massimo esperto italiano di movida, Roberto Piccinelli, assieme a locali di Miami, Poro Cervo e Los Angeles.
Ora il “Boavista” non esiste più, la “Bomba” è tornata un magazzino vuoto o quasi. Lo Stallone cade a pezzi e potrebbe essere trasformato in condominio. Il “Jeko”, poi, è chiuso dai suoi tempi d’oro. E la trasgressione, poi, a Monfalcone è solo un ricordo.
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