Delitto in seminario, don Piccoli rinviato a giudizio

La pista investigativa più accreditata, e confermata dalla decisione del Gup odierna, prefigura dunque che a uccidere l’anziano prelato possa essere stato niente meno che un “collega” del potere spirituale, uno dei pochi presenti quella notte nella Casa del Clero di via Besenghi. Un prete più attempato ammazzato - forse - da un prete più giovane. Dal suo vicino di stanza, insomma.
La prova regina: il Dna. La serie di piccole macchie di sangue - trovate sotto il corpo di don Rocco riverso senza vita sul suo letto - appartengono senza ombra di dubbio al profilo genetico di don Piccoli, come hanno attestato le analisi scientifiche dei Ris di Parma, che una volta accertato che quel sangue non era della vittima hanno isolato un non ristretto elenco di Dna, soprattutto attraverso cosiddetti “tamponi” volontari, ovvero campioni di saliva resi dalle persone convocate dagli inquirenti.
Il presunto assassino, in occasione di una delle deposizioni che l’hanno coinvolto, si sarebbe difeso sostenendo di essere affetto da una malattia dermatologica che gli provoca talvolta delle piccole emorragie, anche alle mani, e che il sangue si sarebbe potuto propagare nei paraggi del corpo senza vita di don Rocco perché fu proprio lui, l’accusato, a impartirne la benedizione nel momento in cui venne trovato morto. Una spiegazione che non viene ritenuta pienamente credibile in sede investigativa anche perché quelle macchioline sono state rinvenute appunto al di sotto del cadavere, in determinati punti di difficile accessibilità in occasione di un’estrema unzione, e non soltanto al di sopra o ai suoi lati.
La scomparsa dei simulacri. La prova del Dna è considerata dagli inquirenti la più importante, ma non l’unica. Al di là del fatto che le ricostruzioni investigative avrebbero fatto venire a galla comportamenti da parte di don Piccoli totalmente differenti rispetto alle sue abitudini in prossimità del delitto del 25 aprile 2014, l’inchiesta non trascura infatti che, nei giorni immediatamente prececenti alla morte di don Rocco, dalla stanza di quest’ultimo sarebbero spariti alcuni oggetti sacri o per lo meno di valore simbolico riconducibili alla nostra religione: una Madonna, un veliero e un cavallo. Simulacri di cui don Rocco avrebbe denunciato in ambito ecclesiale la scomparsa, inserendo proprio don Piccoli - che ha peraltro nel suo curriculum precedenti d’inchiesta a proprio carico a L’Aquila per furto di oggetti sacri ed ha la nomea del cleptomane - tra quelli che se ne sarebbero potuti impossessarsi, tanto che a ridosso del 25 aprile lo stesso presunto killer avrebbe ricevuto dalla direzione del Seminario una lettera di richiamo. Le tre statuette - Madonna, veliero e cavallo - sarebbero guarda caso ricomparse a stretto giro dopo l’omicidio nella stanza di don Rocco. Una coincidenza che gli investigatori non hanno, evidentemente, trascurato.
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