Diamanti e gioielli nella lotta per l'evoluzione

L'ultimo numero di Nature riporta la bizzarra storia di un moscerino, la Drosophila bifurca, i cui maschi sono lunghi circa 3 mm ma producono spermatozoi di 5.8 cm, 20 volte più lunghi, quindi, dell'intero organismo. Perché la natura sviluppa queste stranezze? La risposta la dà ancora una volta Darwin che, oltre a quella della selezione naturale, aveva postulato anche un'altra teoria, quella della competizione riproduttiva. Maschi di una stessa specie competono per le femmine, e le femmine quindi scrutinano i maschi per selezionare quelli che garantiscono i geni migliori.
Gli spermatozoi lunghi del moscerino sono il frutto di questo processo: produrli significa competere meglio per la corsa alla fecondazione, dal momento che le femmine si accoppiano con più maschi a ogni ciclo riproduttivo. Ma questi spermatozoi forniscono anche alle femmine un marchio di garanzia della qualità del produttore: chi può permettersi di investire energie nel generare cellule così sproporzionate ha risorse da sprecare, e quindi ha buoni geni con cui mescolare i propri. Non a caso, quindi, anche le femmine del moscerino hanno evoluto strutture anatomiche proporzionatamente grandi per accomodare gli spermatozoi giganti.

Simili principi valgono virtualmente per tutte le specie: che senso avrebbe la ruota del pavone, che rappresenta un impiccio per la fuga se compare un predatore, se non far vedere alla femmina quanto il maschio è sano e vigoroso? O i colori e i canti degli uccelli maschi? Sarebbe per loro più conveniente essere grigi e muti per mimetizzarsi meglio dai predatori. Ma così verrebbero cancellati dall'evoluzione, andando a perdere la lotta per l'accoppiamento.
Qual è l'omologo dello spermatozoo gigante o della coda del pavone nella specie umana? La risposta più ovvia sta nella forma fisica dei maschi. Ma l'uomo è più sofisticato, ed ecco allora che entrano in gioco anche elementi più sottili. Dennis Dutton, compianto filosofo neozelandese, teorizza che il dono di oggetti inutili dal punto di vista pratico ma estremamente costosi, come diamanti e gioielli, non sia nient'altro che uno sfoggio di un surplus di risorse per indicare la bontà dei propri geni. O addirittura che l'arte non necessariamente incarna un anelito alla bellezza, ma rappresenta uno sfoggio dei geni dell'artista: ciò che noi ammireremmo in un quadro o in una statua, insomma, non sarebbe l'oggetto in sé, ma la genialità del suo creatore.
Sono postulati, questi, difficili da dimostrare. Ma interpretare la vita con l'occhio dell'evoluzione può dare una visione nuova del mondo e dei suoi accadimenti.
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