Doppio lavoro, 4 mesi all’ex vigile

SAN CANZIAN D’ISONZO. La sua passione per le immersioni in mare gli era costata già il licenziamento dal Comune di San Canzian d’Isonzo. Da ieri, per l’ex vigile urbano Ivan Razza, 49 anni, di Terzo d’Aquileia, il conto s’è aggravato: ritenendolo responsabile del reato di esercizio abusivo della professione, il giudice monocratico del tribunale di Udine, Roberto Pecile, lo ha condannato a 4 mesi di reclusione, con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. La pubblica accusa, rappresentata in aula dal pm onorario, Luca Spinazzè, aveva chiesto che gli fossero inflitti tre mesi, mentre la difesa si era espressa per l’assoluzione con la formula «perchè il fatto non sussiste». I guai di Razza cominciano nel momento in cui decide di dedicare il proprio tempo libero alle immersioni e alla navigazione. Secondo la Procura di Udine, non di un hobby si trattava, bensì di un secondo lavoro, per giunta svolto in assenza di titoli e autorizzazioni. Da qui, le tre contestazioni ipotizzate nella sua qualità di presidente dello “Scuba diving club” di Pieris e in violazione del regolamento provinciale di Udine n.52/2009, in materia di attività di scuola nautica. Razza avrebbe innanzitutto avviato una scuola privata senza le dovute autorizzazioni, vi avrebbe insegnato senza possedere una patente nautica conseguita da almeno 5 anni e, infine, avrebbe fornito assistenza e compiuto adempimenti tipici delle imprese di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto.
La difesa - che ha già annunciato appello - s’era richiamata all’articolo 1 comma 3 di quello stesso regolamento, ricordando come dalla disciplina siano escluse «le attività ancorchè esercitate a carattere permanente o presso strutture stabilmente finalizzate all’avviamento agli sport nautici». Caratteristiche che, nell’ottica difensiva, il club di Razza non aveva. Convinto di potersi avvalere delle norme che lo sottraevano a quel regolamento, l’allora vigile urbano, a fronte di una quota associativa, non faceva altro che organizzare incontri con persone interessate ad approfondire la parte normativa relativa alla circolazione marittima. Una sorta di “ripassi” di gruppo, finalizzati ad approdare - in una fase successiva e da privatisti - al superamento dell’esame di teoria e al conseguimento della patente nautica. Per la difesa, insomma, della scuola nautica il club non aveva le caratteristiche, nè le funzioni. E il suo scopo, al di là del piacere di incontrarsi tra appassionati di mare, era la divulgazione della normativa vigente. Nel processo erano stati riunificati due procedimenti distinti per periodo delle contestazioni (fino al maggio del 2011 il primo e fino al marzo del 2012 il secondo), ma identici nelle imputazioni.
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