E il liquorificio “satellite” intanto resta al palo

La crisi di uno trascina gli altri a catena. A Trieste, dove le aziende sono piccole, c’è un caso emblematico. Il colosso che se ne va definitivamente è la Stock. Un liquorificio che per la Stock imbottigliava ed etichettava, convogliando il 65% del suo fatturato su questa simbiosi anche fisica (i tre piccoli capannoni del Liquorificio Italia sono in via Malaspina a due passi da via Caboto sede della storia azienda cessata) si trova adesso con circa la metà dei 14 dipendenti in cassa integrazione e soprattutto nell’impossibilità di prendere nuove commesse. Perché il nuovo possibile cliente chiede imbottigliamento di vino e non di liquori, e le due sostanze, per legge, non possono convivere. Il vino potrebbe uscirne adulterato per la presenza negli stessi ambienti di alcol, zucchero, aromi.
L’enologo Franco Treglia, titolare dell’azienda nata nel 1997 e dal 1998 legata a doppio filo alla Stock, ha dunque scritto direttamente al ministero delle Politiche agricole chiedendo una deroga momentanea alla norma, per poter avviare il nuovo ramo di attività anche senza ristrutturare i capannoni, dove comunque qualche altro liquore ancora s’imbottiglia. La risposta è stata no, la legge lo vieta.
A quel diniego Treglia ha risposto con una lettera più lunga, dettagliata e perfino appassionata, spiegando come il Liquorificio sia disposto a “blindare” i locali ad alto tasso alcolico per proteggere la purezza del vino, e ad avere un controllo del ministero e della dogana in sede, assicurando «buona fede» e «fermissimo impegno a rimanere nella legalità». Ma altresì sottolineando che fra i 14 dipendenti ci sono «cinque padri di famiglia» e che senza nuove commesse l’attività chiude.
«Se avessimo i soldi per adeguare i capannoni lo faremmo - dicono i Treglia -, ma il nuovo cliente è solo potenziale e non ci fidiamo a fare i lavori in anticipo, ci basterebbe una fase di avvio che contemperi le due produzioni».
Da tempo al corrente della instabile situazione della Stock, il Liquorificio aveva cercato nuove commesse, spostandosi appunto sul prodotto vino, ma senza riuscire a superare quel confine tra una cosa e l’altra. E adesso la Stock ha fatto valere le proprie ragioni, e il ministero anche.(g.z.)
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