Fatture false, un anno e sei mesi a Mazzi

Le tre fatture false da 150mila euro gli costano un anno e sei mesi. Il commercialista Alberto Mazzi, revisore dei conti del Comune di Trieste che nel suo curriculum vanta anche la presidenza dell’Ater, viene giudicato colpevole. E condannato dal giudice Francesco Antoni per quelle tre fatture inesistenti legate a un’operazione finanziaria connessa alla ristrutturazione di un capannone in via Parisi. Il difensore, l’avvocato Cristiano Gobbi, si batte per l’assoluzione. Ma il giudice accoglie sostanzialmente le richieste del pm Lucia Baldovin, il magistrato titolare del fascicolo.
La vicenda che porta alla condanna del professionista nasce nel 2012 a seguito di una verifica fiscale dell’Agenzia delle entrate relativa all’anno 2007. La società sottoposta al controllo è la “Am immobiliare” che fa riferimento a Mazzi. Vengono messe “sotto osservazione” tre fatture che complessivamente ammontano a quasi 150mila euro e che, in seguito agli accertamenti, risultano riferite a operazioni inesistenti. A emetterle, per la ristrutturazione di un capannone, la “Arredi Navali srl”.
Dagli accertamenti della Guardia di finanza emerge però che la “Am immobiliare” ha acquistato quel capannone per circa 500mila euro e poi lo ha rivenduto alla Illy Caffè per 740mila euro. Nell’operazione si realizzano quindi delle plusvalenze dettate dalla differenza tra il prezzo di vendita e di acquisto dell’immobile in liquidazione dalla Sancin & Sancin. Il pm Baldovin, pertanto, accusa la società di Mazzi di aver in sostanza utilizzato le fatture per ammortizzare gli utili sui quali avrebbe dovuto pagare le imposte. Si va a giudizio. E la tesi dell’accusa viene accolta dal giudice Antoni che pronuncia la sentenza di condanna nei confronti del commercialista.
Commercialista che, già a settembre, è stato condannato a pagare 800mila euro per un’altra vicenda. In quella circostanza il giudice Arturo Picciotto ha accolto la richiesta di risarcimento danni promossa dal curatore fallimentare della società Alimentari Italiana, Giorgio Lenardon, di cui Mazzi è stato amministratore prima del fallimento. Lenardon aveva imputato a Mazzi una serie di gravi inadempienze che avevano aumentato il già profondo dissesto finanziario dell’azienda. In pratica, secondo la citazione, Mazzi - che dal 2007 aveva amministrato la società dichiarata poi fallita il 21 giugno 2010 - aveva contribuito a mandare a fondo l’Alimentari Italiana. Pertanto Lenardon, che era il curatore nominato dal tribunale, aveva avviato un’azione di responsabilità civile nei confronti dello stesso Mazzi. I giudici civili hanno rilevato la «mala gestio» di Mazzi contestando in primis la «prosecuzione dell’attività d’impresa nonostante l’integrale perdita di capitale sociale e il conseguente verificarsi della causa di scioglimento».
Ora una nuova mazzata si abbatte sul commercialista: una condanna a un anno e sei mesi.
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