Fatture gonfiate, indaga la Corte dei conti

Truffa aggravata collegata all'assegnazione di fondi europei e regionali per oltre 20 milioni di euro. Ma anche produzione di fatture inesistenti e “gonfiate” per almeno altri 2 milioni di euro. E di conseguenza una maxi evasione fiscale. Insomma, soldi pubblici finiti, secondo gli investigatori della Guardia di finanza, nelle tasche dei furbetti.
Il procuratore della Corte dei conti Maurizio Zappatori ha aperto un inchiesta parallela a quella del pm Lucia Baldovin per la quale ha chiesto nei giorni scorsi il rinvio a giudizio di Mauro German, 56 anni, per anni amministratore della Germandata Srl, poi diventata E-St, e di altre tredici persone.
L’inchiesta sia della procura ordinaria e ora anche di quella della Corte dei conti fa riferimento a un business da capogiro: un programma di computer del valore stimato di 1200 euro che era stato contabilizzato, proprio per mettere a segno la frode comunitaria, a 180 mila euro più Iva.
Sono comunque briciole di fronte alle richieste di finanziamenti per 11,5 milioni di euro collegati a quattro progetti in campo informatico. Riguardavano tutti la formazione “remote” del personale, la ricerca sul web di dipendenti qualificati, la realizzazione e la campagna di marketing collegate a un play-box e a una connessione wi-fi.
Nell’indagine fotocopia di quella della procura penale compare anche, come parte lesa, la Camera di Commercio. La vicenda nello specifico è quella di una tentata truffa da 35mila euro. La vittima è stata l’ Aries, Azienda speciale dell’ente camerale. Dal 1992 si occupa della promozione e dello sviluppo dell'economia nella provincia di Trieste e offre alle imprese del territorio una serie di servizi attraverso i suoi uffici. Il contributo finito sotto la lente era stato richiesto da Andrea Ferrari, amministratore delegato di Dfx Bertocchi di Muggia.
Nell’aprile del 2009 aveva presentato all’Aries una fattura emessa da una società di German per l'importo di 175 mila euro relativa a una consulenza informatica.
Questo documento contabile, secondo gli investigatori della Guardia di finanza era falso. Per cui la richiesta all'ente pubblico camerale del contributo di 35mila euro, secondo l'accusa, altro non è stato che un tentativo di truffa.
E ora la procura della Corte dei conti punta il dito proprio sullì’aspetto sull’aspetto del danno erariale. Soldi pubblici finiti con l’inganno nelle tasche di privati che non ne avevano il diritto. (c.b.)
Riproduzione riservata © Il Piccolo