“Fichidindia” di Guttuso tra le regine della mostra

Opere di assoluto livello “Alberi” di Casorati, “Paesaggio” di Sironi e di Shifano l’”Ultimo autunno”. Dei “nostri” artisti presenti Music, Spazzapan e Afro

di Cristina Feresin

L’esposizione "Dal Paesaggio al Territorio. L'arte interpreta i luoghi. Opere del Novecento dalle collezioni Intesa Sanpaolo", curata dallo storico dell’arte Francesco Tedeschi e allestita fino al 26 febbraio 2012 negli spazi del Museo Santa Chiara di Gorizia, presenta un’interessante e variegata parte dell’ingente collezione del “Novecento” appartenente a Intesa Sanpaolo.

Numerosissime sono infatti le opere della collezione, che spazia lungo tutto il XX secolo, con alcuni autori e sezioni rappresentati in maniera organica, tanto da permettere di seguire il loro sviluppo produttivo nelle varie fasi e secondo le diverse tecniche espressive. È il caso delle raccolte relative ai movimenti dell’immediato secondo dopoguerra, dall’Informale al Movimento Arte Concreta, e ai maggiori autori del periodo, Dorazio, Fontana, Turcato, il Gruppo degli Otto (Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Turcato, Vedova). Anche esponenti dell’arte del primo Novecento sono ben rappresentati, a partire da tre celeberrimi dipinti di Boccioni, alle opere di Mafai, Spadini, Funi, Gigiotti Zanini. "Dal Paesaggio al Territorio. L'arte interpreta i luoghi. Opere del Novecento dalle collezioni Intesa Sanpaolo" raccoglie oltre sessanta opere suddivise tra dipinti, sculture, installazioni, eccezionalmente e per la prima volte esposte tutte insieme, in un unico progetto organico. Un’occasione quindi per ammirare questo prezioso tesoro e conoscere da vicino opere di artisti che hanno fatto la storia dell’arte non solo italiana.

Lungo il percorso espositivo, che si snoda attraverso i tre piani del museo secondo un’appassionante dialettica fra arte e ambiente, partendo dagli sviluppi nella rappresentazione del paesaggio di veduta e dalla pittura della prima metà del Novecento, si potranno incontrare il Felice Casorati degli anni Venti, con “Alberi” del 1926, periodo in cui l’artista si avvicina ad una poetica del quotidiano, in particolare attraverso il paesaggio e la natura morta, e il “Paesaggio arcaico” di Mario Sironi, realizzato nel 1938, successivamente alle importanti opere murali che dipinse negli anni Trenta. A Poggio Caiano Ardengo Soffici si stabilì nel 1907. Nei primi anni Venti la campagna toscana entrò nelle tele di Soffici e vi rimase, soggetto privilegiato, fino agli ultimi anni di attività, come si può osservare in “Veduta (Vista) dal Poggio” del 1949. In quel paesaggio, nella sua natura in continua crescita e trasformazione, Soffici trovò una fonte inesauribile di spunti da armonizzare in soluzioni sempre diverse. Tra le opere da non perdere c’è sicuramente “Fichidindia” di Renato Guttuso del 1962, intreccio di colore e calore della sua terra, la Sicilia, Zoran Anton Music con “Changement de saison” del 1973, Mario Schifano e il suo “Ultimo autunno” del 1963, una natura smaterializzata e leggera, le visioni notturne di Mario Mafai presente con la “Basilica di San Lorenzo” del 1949. E poi non si possono trascurare Afro, Birolli, Carrà, Bay, Borlotti, Spazzapan per giungere alle operazioni e agli interventi di natura concettuale e ambientale, paralleli a una interpretazione del territorio come spazio sociale e culturale di cui si fanno interpreti Giuseppe Penone, Luca Patella, Ugo La Pietra e molti altri ancora. Una mostra da vedere, e rivedere, e rivedere ancora.

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