Fico: «Non ci si può voltare dall’altra parte. I Parlamenti Ue ci aiutino a trovare verità»

TRIESTE Il caso di Giulio Regeni è in stallo. Amnesty International Italia attende i “passi in avanti” annunciati dal governo italiano, del quale più esponenti negli ultimi mesi si sono recati in Egitto. E intanto sono trascorsi tre anni. Nel giorno in cui annuncia l’invio di una lettera ai presidenti dei Parlamenti dell’Ue per chiedere «che ci aiutino a trovare la verità» con «concreti gesti di solidarietà» - perché quanto è accaduto a Giulio «poteva accadere a qualunque ricercatore di un Paese europeo», e «dobbiamo agire a livello europeo e nazionale in coerenza con i valori dell’Unione» - Roberto Fico non nega il mantenimento di «rapporti consolidati» con l’Egitto. Ma il presidente della Camera, che domani sarà a Fiumicello, ribadisce: a chiedere verità, con la famiglia, «c’è uno Stato».
Partiamo dal 25 gennaio. Perché ha scelto di essere a Fiumicello?
Perché a distanza di tre anni dalla scomparsa di Giulio Regeni non abbiamo ancora risposte. A chiedere la verità c’è una famiglia, prima di tutto, e c’è uno Stato. Vado a Fiumicello anche per stare vicino a loro in questo momento, per essere presente come terza carica dello Stato nel paese dove Giulio è cresciuto.
Il Procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone ha dichiarato giorni fa davanti al Copasir che di fatto la situazione è in stallo: gli inquirenti italiani hanno fatto il possibile ma senza aperture dall’Egitto non si va più in là, sostanzialmente. Che ne pensa?
I magistrati della Procura di Roma che seguono il caso Regeni avevano già comunicato questo stallo al rientro dal Cairo qualche settimana fa. Ed è per questo che hanno preso la decisione di iscrivere cinque ufficiali egiziani nel registro degli indagati. Un atto forte, che come istituzioni dobbiamo interpretare e raccogliere, dando alla Procura tutto il nostro sostegno. Questo stallo non è più accettabile.
L’avvocato della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, ha depositato qualche settimana fa una denuncia alla Procura per presunte pressioni da parte egiziana sul consulente legale dei Regeni al Cairo. È un segnale che va in direzione contraria ad aperture dal Cairo.
Sicuramente è un segnale preoccupante. Ha fatto bene il Parlamento europeo, con la risoluzione approvata a dicembre, a chiedere tutela per i consulenti egiziani della famiglia Regeni, perché il percorso per arrivare alla verità passa anche da questo.
Le parole di Pignatone riguardano il fronte investigativo. Sul fronte istituzionale e diplomatico, malgrado le rassicurazioni ai più alti livelli, nulla è cambiato.
Dire che nulla è cambiato mi pare ingeneroso. È un momento in cui c’è particolare attenzione da tutti i livelli istituzionali e si sta ragionando sui prossimi passi. Ci tengo a dire che le istituzioni stanno lavorando insieme.
Lei ha incontrato personalmente il presidente egiziano Al Sisi qualche mese fa, che impressione ne ha avuto?
L'incontro che abbiamo avuto è stato incentrato esclusivamente sul caso di Giulio Regeni. E mi ha ascoltato con attenzione.
Lo scorso novembre lei ha annunciato la sospensione dei rapporti della Camera con il Parlamento egiziano fino a che non ci fosse una svolta significativa nel caso Regeni. Eppure il governo guidato anche da M5S, al di là delle parole, non ha compiuto alcun passo: quello di Montecitorio diventa un passo meramente simbolico visto che a contare è la posizione del governo, non crede?
Non la vedo in questi termini. Anzi la mia decisione di interrompere i rapporti con il Parlamento egiziano ha in realtà avuto un seguito. Penso alla risoluzione del Parlamento europeo, alle dichiarazioni di parlamentari ed europarlamentari, ma anche alla convocazione dell’ambasciatore egiziano da parte del ministro Moavero.
Il caso Regeni è stato gestito da più governi. Se l’allora ministro Alfano reinviando l’ambasciatore al Cairo sotto Ferragosto parlò di Egitto partner «ineludibile», il vicepremier Salvini ha detto di una vicenda che riguarda la famiglia Regeni sottolineando quanto siano importanti i rapporti con l’Egitto. Le buone relazioni politiche ed economiche con l’Egitto vengono prima di tutto, dunque?
L’Italia ha sicuramente rapporti consolidati con l’Egitto e attori economici estremamente rilevanti in tutta l’area. Però come ho detto al Cairo fare impresa, avere rapporti commerciali, non è qualcosa che può essere scisso da quello che accade intorno, dalla situazione dei diritti umani, e anche dalla mancanza di questa verità. Non ci si può voltare dall’altra parte.
Quanto l’ha imbarazzata sentire il vicepremier Di Maio, pentastellato come lei, raccontare che Al Sisi gli aveva parlato di Regeni come di “uno di noi”? Di Maio aveva anche detto di attendersi una svolta entro il 2018, che non è arrivata.
Posso assicurarvi che Luigi Di Maio vede il caso Regeni esattamente nello stesso modo. Sarà lui, insieme al governo, a fornire risposte sullo stato dell’arte delle relazioni fra Italia e Egitto.
Lei invita i presidenti dei Parlamenti Ue a concreti gesti di solidarietà sul caso Regeni. Una lettera che giunge in un contesto in cui il governo italiano ha più volte attaccato l’Europa e le sue istituzioni unitarie. Non la giudica una contraddizione?
Si possono criticare alcune storture del modello europeo, ma questo non significa negare il nostro essere comunità, non significa sottovalutare quello che i Parlamenti insieme possono fare quando un cittadino europeo subisce quello che ha subito Giulio Regeni.
Crede davvero che si potrà arrivare ad avere verità per Giulio?
Non ci dobbiamo fermare mai. Se le istituzioni continueranno a lavorare compatte, se le persone continueranno a pretendere verità, se questa luce non si spegne arriverà il giorno della verità. —
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