Foibe, Mattarella: "Fu odio etnico su italiani, no a negazionismi"

Così il presidente della Repubblica durante la cerimonia al Quirinale per il Giorno del ricordo, dedicato alle vittime delle foibe, che si celebrerà domani
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella parla ai giornalisti al Quirinale, Roma, 27 maggio 2018. ANSA/FABIO FRUSTACI
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella parla ai giornalisti al Quirinale, Roma, 27 maggio 2018. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA «Non si trattò, come qualche storico negazionista o riduzionista ha voluto insinuare, di una ritorsione contro i torti del fascismo. Perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni».

Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la cerimonia al Quirinale per il Giorno del ricordo, che viene celebrato il 10 febbraio di ogni anno per ricordare la tragedia delle vittime delle foibe.

«Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente. Mentre, infatti, sul territorio italiano la conclusione del conflitto contro i nazifascisti sanciva la fine dell'oppressione - ha detto ancora il capo dello Stato - e il graduale ritorno alla libertà e alla democrazia, un destino di ulteriore sofferenza attendeva gli Italiani nelle zone occupate dalle truppe jugoslave».

«Un destino comune a molti popoli dell’Est Europeo - ha sottolineato ancora il Capo dello stato - quello di passare, direttamente, dalla oppressione nazista a quella comunista. E di sperimentare, sulla propria vita, tutto il repertorio disumanizzante dei grandi totalitarismi del Novecento, diversi nell’ideologia, ma così simili nei metodi di persecuzione, controllo, repressione, eliminazione dei dissidenti». «Quei circa 250 mila profughi, che tutto avevano perduto, e che guardavano alla madrepatria con speranza e fiducia non sempre trovarono in Italia la comprensione e il sostegno dovuti. Ci furono, è vero, grandi atti di solidarietà.

Ma la macchina dell’accoglienza e dell’assistenza si mise in moto con lentezza, specialmente durante i primi anni, provocando agli esuli disagi e privazioni. Molti di loro presero la via dell’emigrazione, verso continenti lontani - ha ricordato - e alle difficoltà materiali in Patria si univano, spesso, quelle morali: certa propaganda legata al comunismo internazionale dipingeva gli esuli come traditori, come nemici del popolo che rifiutavano l’avvento del regime comunista, come una massa indistinta di fascisti in fuga. Non era così, erano semplicemente italiani».

«Molti italiani rimasero oltre la cortina di ferro - ha evidenziato -. L’aggressività del nuovo regime comunista li costrinse, con il terrore e la persecuzione, ad abbandonare le proprie case, le proprie aziende, le proprie terre. Chi resisteva, chi si opponeva, chi non si integrava nel nuovo ordine totalitario spariva, inghiottito nel nulla. Essere italiano, difendere le proprie tradizioni, la propria cultura, la propria religione, la propria lingua era motivo di sospetto e di persecuzione».

«Cominciò il drammatico esodo verso l’Italia - ha proseguito Mattarella - uno stillicidio, durato un decennio. Paesi e città si spopolavano dalla secolare presenza italiana, sparivano lingua, dialetti e cultura millenaria, venivano smantellate reti familiari, sociali ed economiche. Il braccio violento del regime comunista si abbatteva furiosamente cancellando storia, diversità, pluralismo, convivenza, sotto una cupa cappa di omologazione e di terrore». «Per una serie di coincidenti circostanze, interne ed esterne, sugli orrori commessi contro gli italiani istriani, dalmati e fiumani cadde una ingiustificabile cortina di silenzio, aumentando le sofferenze degli esuli, cui veniva così precluso perfino il conforto della memoria». 

«Solo dopo la caduta del muro di Berlino - ha aggiunto Mattarella - il più vistoso, ma purtroppo non l’unico simbolo della divisione europea, una paziente e coraggiosa opera di ricerca storiografica, non senza vani e inaccettabili tentativi di delegittimazione, ha fatto piena luce sulla tragedia delle foibe e del successivo esodo, restituendo questa pagina strappata alla storia e all’identità della nazione». «L'ideale europeo, e la sua realizzazione nell'Unione, è stato - ed è tuttora - per tutto il mondo, un faro del diritto, delle libertà, del dialogo, della pace. Un modo di vivere e di concepire la democrazia - che va incoraggiato, rafforzato e protetto dalle numerose insidie contemporanee»

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