Fondazione Luchetta, in ventun anni accolti seicento bambini a Trieste

TRIESTE Lo sguardo rivolto al futuro e le radici saldamente ancorate al passato, a quel 28 gennaio del 1994, quando una granata cadde a Mostar e mise fine alla vita di tre inviati della sede Rai di Trieste. Pochi mesi dopo, vicino a Mogadiscio, un altro lutto colpì il mondo del giornalismo triestino. Il dolore e la rabbia per quelle morti, in questi ventuno anni, sono stati sublimati grazie a un’azione benefica che nel tempo non ha subìto flessioni. Oltre 600 bambini, vittime delle guerre, sono stati aiutati e curati dalla Fondazione Luchetta, Ota, D’Angelo, Hrovatin, la onlus che ha preso il nome dei giornalisti scomparsi.
I volti dei quattro professionisti trovano oggi posto negli uffici della Fondazione. Accanto a quelle immagini c’è la foto di Zlatko, il bambino di quattro anni che uscì illeso dal bombardamento del 1994, grazie al sacrificio dei tre reporter che gli fecero da scudo. Zlatko arrivò a Trieste insieme alla madre pochi mesi più tardi, aprendo la strada a centinaia di bambini che da allora trovano cura e riparo nelle strutture della Fondazione.
«La nostra onlus - spiega orgogliosa la presidente Daniela Luchetta - è entrata nei cuori delle persone ed è un patrimonio di questa città. Negli anni è cresciuta e ormai non appartiene più solo a noi che l’abbiamo fondata». Vive di elargizioni e di lasciti testamentari, «anche se le donazioni - specifica Luchetta - sono in calo. È la crisi, colpisce tutti».
Eppure la Fondazione è sana. Lo conferma la stessa presidente. La volontà di acquisire l’immobile di via Valussi ne è la prova, «anche se per farlo abbiamo scelto di accendere un mutuo». Sono quattro i dipendenti a tempo indeterminato a sua disposizione, mentre altri due contratti, relativi all’ufficio stampa, completano la squadra. Anche se il cuore pulsante della Fondazione sembra essere rappresentato da un esercito di volontari, che ha scelto di donare alla causa parte del proprio tempo libero.
Parecchi progetti, alcuni innovativi, bollono nella pentola della onlus triestina. «Non posso sbilanciarmi prima che vengano approvati dal consiglio di amministrazione», così Luchetta. Una convenzione con il Comune di Trieste, però, ha permesso alla Fondazione di allontanarsi da quella che è la sua storica mission: «Accompagniamo interi nuclei o singole persone in difficoltà, dando loro ospitalità e sostegno economico. È una risposta, la nostra, ai bisogni del territorio».
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