Morta a 83 anni “Franca” Bevilacqua, anima del commercio goriziano

Iniziò giovanissima come commessa da Zitter. Poi con il marito Domenico De Bortoli aprì una catena di negozi tra via Rastello, corso Verdi e via Carducci

Alex Pessotto
Gianfranca Bevilacqua
Gianfranca Bevilacqua

La perdita di Gianfranca Bevilacqua priva il mondo del commercio goriziano di uno dei suoi esponenti più significativi: “Franca”, così era chiamata da tutti, è scomparsa al San Giovanni di Dio a 83 anni. Ne avrebbe compiuti 84 appena tra qualche giorno, il prossimo 30 luglio.

Il suo nome si lega indissolubilmente a quello del marito Domenico “Nico” De Bortoli con il quale aveva dato vita a una catena di negozi di abbigliamento in una Gorizia che, nel settore, poteva fornire altri, numerosi, importanti esempi che per lo più hanno abbassato le serrande: Miseri, Primas, Larise, Rosconi, Furlani, Beltrame, Massi, Zotter, Elite. E pensare che l’avventura della signora Bevilacqua era partita facendo la commessa da Zitter, proprio un negozio di abbigliamento, quattordicenne.

Ben presto, però, ne aveva aperto uno tutto suo, che si chiamava come lei: “Franca”. Aveva sede in piazza Cavour, immediatamente sotto la sua abitazione, ed era una stanza di pochi metri quadri, una ventina o giù di lì. Era il 1962. Una vita fa. Insomma, parliamo di una storia, la sua, con più di sessanta candeline. Mica poche. E infatti, giustamente, nel 2022, non sono mancati gli inevitabili festeggiamenti.

“Nico”, invece, lavorava al mitico cotonificio di Piedimonte. I due hanno allora unito le forze e in via Rastello è stata la volta di un negozio per bambini e ragazzi: “Tato e tata”, che aveva fatto fortuna, è proprio il caso di dirlo, prima dell’avvento dei centri commerciali e dell’inarrestabile diffusione dei marchi dedicati all’infanzia. Quindi, un altro negozio in corso Verdi e un altro ancora, ma in via Carducci. Altri tempi, certo.

La città, a chi aveva intuizioni, voglia di impegnarsi e, perché no, di rischiare, di investire, regalava non trascurabili soddisfazioni. In altre parole, gli affari si potevano fare eccome. Anche perché la clientela slovena abbondava, a differenza di oggi: da oltreconfine portava con sé soltanto il Lasciapassare e tornava con le borse piene di jeans e di molto altro, come non ricordarlo? Ora, è tutto diverso. Parecchio.

Ma i De Bortoli proseguono sul solco della tradizione: “Nico” fa il pensionato e i negozi sono ormai passati ai figli e ai generi della coppia: Barbara, con il marito Roberto, e Monica, con Enrico, mentre i sei nipoti, al momento, percorrono altre strade: Luca, Michele, Gaia, Francesca, Fabio e Martina. Tutti uniti e tutti addolorati per la morte di Franca, che aveva la famiglia sempre in testa alle sue priorità.

Accanto al lavoro, ovvio. Parliamo di una commerciante nata, di quelle che rappresentavano al meglio quella che è stata definita la «vocazione emporiale di Gorizia»: sveglia, grintosa, tenace, estroversa, che ben si completava con le capacità gestionali, imprenditoriali del consorte. Per il resto, la signora amava riempire le giornate con il punto croce, il mare e la montagna.

Sia chiaro, i negozi De Bortoli sono cambiati. Nel senso che “Tato e tata” è stato chiuso nel 2005, e già nel 1997, quello di corso Verdi, si era trasferito nei locali attuali, di fronte. Ma di sicuro fa riflettere come un’avventura di oltre sei decenni sia partita da quel modesto spazio di piazza Cavour: come una scommessa o quasi. Una scommessa, però, vinta alla grande. Con il contesto, le circostanze, l’ambiente a consentire certi risultati.

La data dei funerali, che si terranno in Duomo, non è ancora stata fissata. Poi, la signora Franca andrà a riposare al Cimitero centrale. I suoi familiari tengono a ringraziare il personale del reparto di Chirurgia dell’ospedale cittadino.

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