Fucili bloccati in porto a Trieste, indagine flop

Accertata la regolarità del carico di armi (oltre 700 esemplari) sequestrato a fine 2015 che inizialmente sembrava destinato a gruppi terroristici: nessuna condanna, solo una multa
Lasorte Trieste 26/11/15 - Guardia di Finanza, GdF, Sequestro Armi su TIR in Porto
Lasorte Trieste 26/11/15 - Guardia di Finanza, GdF, Sequestro Armi su TIR in Porto

TRIESTE Nessuna condanna, nessuna pena. Solo un’oblazione di 150 euro che cancella ogni pendenza amministrativa e ogni accusa. Si è conclusa con questo risultato l’inchiesta sul maxisequestro in porto di 800 fucili a pompa Winchester, messo a segno a Trieste nel mese di novembre del 2015 dai doganieri e dai finanzieri.

Le armi - al contrario di quello che era stato ipotizzato in un primo momento - erano assolutamente regolari. Ed erano destinate alla vendita in Belgio. Quello che mancava - e che aveva fatto scattare il sequestro - era stato solo la mancanza di un’autorizzazione dell’autorità di pubblica sicurezza per il transito in Italia.

Ad accogliere l’istanza dell’avvocato Adele Morelli, difensore di Kurt Erol, legale rappresentante della Istanbull Ve Savunma Ticaret Sirketi, l’azienda turca che aveva prodotto i fucili su licenza della Winchester, è stato il gip Giorgio Nicoli dopo l’ok del pm Federico Frezza al termine del processo celebrato con rito abbreviato.

 

Italian Foreign Minister Angelino Alfano arrives to the the European Union (EU) Foreign Affairs Council in Brussels, Belgium, 06 March 2017. ANSA/OLIVIER HOSLET
Italian Foreign Minister Angelino Alfano arrives to the the European Union (EU) Foreign Affairs Council in Brussels, Belgium, 06 March 2017. ANSA/OLIVIER HOSLET

 

E pensare che in un primo momento era stata addirittura ipotizzata una qualche connessione con il terrorismo. Tanto che in una nota dell’Agenzia delle Dogane era stato rilevato che «il sequestro era avvenuto proprio grazie al rafforzamento dell’attività di controllo e di intelligence, incrociando dati e informazioni al fine di orientare in modo sempre più selettivo ed efficace le attività ispettive». Tutto questo, così era stato scritto, «visti i recenti episodi di terrorismo e la gravità dello scenario internazionale».

Ma in effetti fin da subito l’allora ministro degli Interni Angelino Alfano aveva puntualizzato che «si trattava di un sequestro amministrativo riguardo il quale si stanno facendo tutti gli approfondimenti». Pochi giorni dopo infatti lo stesso Alfano aveva concesso il nulla osta alla prosecuzione del viaggio e i fucili erano stati dissequestrati dal pm.

È emersa in sostanza la buona fede degli spedizionieri e dei produttori che non conoscevano la normativa italiana relativa alle autorizzazioni amministrative sul transito delle armi. Per le quali, per esempio in Austria dove poi sarebbero dovute transitare, non è necessaria l’autorizzazione.

 

Fucili in porto a Trieste, la Procura indaga sulla destinazione
Alcuni degli 800 fucili sequestrati a Trieste

 

Il carico d’armi (il conto esatto è di 781 fucili a pompa con il marchio originale statunitense Winchester, modello Sxp, di cui 715 da 12-51 centimetri e 66 da 12-47, più 15 calci, per un valore di mercato che gli inquirenti hanno stimato in prima battuta vicino al mezzo milione) era stato oggetto di un sequestro eclatante nelle dimensioni più che nelle modalità, come avevano spiegato il tenente colonnello Gabriele Baron e il maggiore Alberto Cavallo, comandanti rispettivamente del Gruppo di Trieste e del Nucleo operativo portuale della Guardia di finanza giuliana, insieme a Nicola Palladino, responsabile verifiche e controlli antifrode della locale Agenzia delle dogane.

I fucili, appunto, non erano nascosti in un qualche doppiofondo, né mischiati tra altre merci per passare inosservati. Viaggiavano accompagnati dalle dovute bolle doganali. Peccato, però, mancasse la licenza necessaria a farli passare regolarmente su suolo italiano, ovvero un preciso permesso che il venditore di tale merce avrebbe dovuto chiedere preventivamente alla stessa polizia italiana e che è obbligatorio per far entrare nel nostro Paese armi di grosso calibro come queste, anche se destinate all'estero, in modo da non perderne mai la tracciabilità.

Per questo motivo Kurt Erol, il legale rappresentante della Istanbul Ve Savunma Ticaret Sirketi, l’azienda turca che aveva prodotto i fucili su licenza della Winchester oltre a vedersi sequestrata la merce di sua produzione, era stato denunciato a piede libero al procuratore capo Carlo Mastelloni e al pm di turno Federico Frezza, per commercio non autorizzato di armi.

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