Furlanic pronto a saltare la cerimonia per i 60 anni d’Italia

Il presidente del Consiglio comunale lascia guidare al vice Carmi la seduta straordinaria
Il sindaco Cosolini con il presidente del Consiglio Iztok Furlanic
Il sindaco Cosolini con il presidente del Consiglio Iztok Furlanic

Lo spettacolo per ora resta in cartellone, ma gli interpreti potrebbero essere sostituiti all’ultimo momento. Per indisposizione politica. Con gli sbalzi di temperatura di questi ultimi tempi, un raffreddore di stampo staliniano è sempre in agguato. Lo spettacolo in programma è di quelli da non perdere: il Consiglio comunale di domenica prossima per i 60 anni del ritorno di Trieste all’Italia con il “neotitoista” Itzok Furlani› (Federazione della Sinistra) che consegna la cittadinanza onoraria all’Ottavo bersaglieri. Il presidente comunista che presiede una sessione straordinaria sulla cui convocazione, assieme al compagno Marino Andolina, si era astenuto. E proprio di fronte ai 15 consiglieri comunali di centrodestra e MoVimento 5 Stelle che hanno firmato una mozione di sfiducia per la sua tesi su Trieste liberata (e non occupata) il Primo maggio 1945 dall’esercito jugoslavo di Tito.

Alla fine, dopo un incontro con il sindaco Roberto Cosolini, il compagno Iztok si è reso disponibile a marcare visita e a farsi sostituire dal vicepresidente Alessandro Carmi (Pd). Magari a farsi domenica in giro per il Carso («A contare le foibe» come suggerisce un capogruppo di maggioranza). Alla fine la mediazione diplomatica del primo cittadino è riuscita a evitare il corto circuito istituzionale. «La sua presenza domenica, dopo le recenti dichiarazioni, non sarebbe stata un elemento di unità» spiega Cosolini. Un modo per “abbassare i toni” e “svelenire il clima”. «Non ho ancora preso una decisione definitiva. L’importante è che la mia assenza non venga strumentalizzata. Non si dica che a Furlani› non interessa questa cerimonia. Sia chiaro, io non ho alcun problema a presiedere la seduta. Ma se questo significa rovinare la festa, sono disposto a farmi da parte» spiega il presidente del Consiglio che non ha in programma, per ora, nessuna retromarcia, nessuna autocritica e tantomeno un passo indietro. «Se aspettano le mie scuse o dimissioni possono aspettare a lungo. Lascio solo se me lo chiedono i due partiti che mi hanno candidato (ovvero il Prc e il Pdci, ndr)» spiega Furlani›, comunista fedele alla linea. Per ora continua a fare il presidente del Consiglio. «Ore 9 a Redipuglia. In attesa di una delegazione da Cecina. Perché si continua a fare il presidente del Consiglio comunale» ha annotato domenica su Facebook. E per questa mattina alle 9 ha convocato d'urgenza una capigruppo sulla questione Coop Operaie. La mozione di sfiducia non lo turba più di tanto: potrebbe anche essere dichiarata inammissibile come è successo altre volte in passato. Al senatore del Pd Francesco Russo che gli aveva chiesto di farsi da parte risponde in modo duro: «E avessi dichiarato l'opposto avresti entusiasticamente salutato le mie parole anche se avrebbero voluto dire sputare sul mio passato, sulla mia famiglia, su una parte della città che ha lottato per liberarla e il primo maggio ha visto coronato questo sogno - scrive Furlani› -. Io non sono come qualcun altro, non faccio dichiarazioni in base a chi me le chiede. Sono semplicemente coerente. Da presidente del Consiglio ho ascoltato in silenzio le parole del presidente del Senato anche se le reputavo profondamente offensive nei miei confronti e nei confronti di parte della città».

«L’occupazione jugoslava, che a Trieste durò 45 giorni, fu causa non solo del fenomeno delle foibe ma anche delle deportazioni nei campi di concentramento jugoslavi di popolazioni inermi» dichiarò Pietro Grasso il 10 febbraio scorso, a Basovizza, nel Giorno del Ricordo. E Furlani› non disse nulla allora. Ma poi con la mozione commemorativa del 12 giugno 1945 («Una data inesistente») non è riuscito a tacere. «Il cibo agli avvoltoi è stato dato con quella mozione. Chi voleva riscrivere la storia pensava forse che il tutto passasse sotto silenzio, ma evidentemente ha sbagliato i calcoli». E lui per ora “resiste” come presidente del Consiglio. La maggioranza di centrosinistra cerca ci sdrammatizzare. «Non si può far finta che non sia successo nulla» dice Marco Toncelli, capogruppo del Pd. «È un problema della maggioranza», sentenzia Roberto Decarli (TriesteCambia). «Inutile essere ipocriti: le posizioni storiche di Itzok erano note a tutte - spiega Marino Sossi (Sel) -. Come presidente del Consiglio è sempre stato inappuntabile. Poi ci sono altri problemi per la politica in città, che le sue dimissioni. Vogliamo parlare delle Coop operaie? Questa è la vera bomba termonucleare della politica triestina». Altro che le risoluzioni della Quarta internazionale.

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