Generali chiede i danni a Perissinotto: 60 milioni

La società ha depositato un ricorso contro l’ex amministratore delegato triestino in cui pretende anche la restituzione della liquidazione di 12 milioni già versata. Nel mirino il salvataggio di Telit d'inizio anni Duemila

Un ricorso di 90 pagine fitte di riferimenti ma soprattutto di contestazioni precise e determinate sull’operato di Giovanni Perissinotto. Un ricorso in cui Assicurazioni Generali chiede all’ex Ceo la cifra astronomica di 60 milioni di euro per gli asseriti danni provocati quando Perissinotto ricopriva la carica di direttore generale del Leone (1998-2001).

L’atto redatto dagli avvocati Marcello Giustiniani, managing partner dello studio milanese Bonelli Erede Pappalardo e Maurizio Consoli, tra i più quotati civilisti di Trieste, è stato depositato al Tribunale triestino alla cancelleria del giudice del lavoro Annalisa Multari.

La contestazione formale di Assicurazioni Generali fa riferimento a un periodo antecedente al 2001, quando Giovanni Perissinotto, come direttore generale, era di fatto un dipendente della società del Leone. Alla causa di lavoro con la richiesta di risarcimento per operazioni che, secondo i ricorrenti, hanno creato danno alla società, i legali di Generali hanno anche abbinato un’impugnativa allo scopo di recuperare i soldi a suo tempo riconosciuti e versati al manager come trattamento di fine rapporto prima di diventare amministratore delegato: altri 12 milioni di euro che vanno ad aggiungersi al 60
Secca la dichiarazione di Giovanni Perissinotto: «Prendo atto dalla stampa che Generali avrebbe presentato un ricorso davanti al giudice del lavoro per chiedere il risarcimento di danni che sarebbero derivati dalla mia attività di direttore generale della Compagnia precedente al 2001, anno in cui sono stato nominato amministratore delegato. Non so chi abbia passato l’informazione agli organi di stampa posto che io personalmente non ho ricevuto alcuna notifica». Perissinotto quindi parla di accanimento, «che me appare incomprensibile e persecutorio, dimostrato dal nuovo vertice di Generali, «facendo ricorso in particolare agli organi mediatici».

L’ex ceo aggiunge: «Sono assolutamente tranquillo, perché ho dedicato 33 anni della mia vita alla Compagnia, nella piena convinzione di aver sempre agito correttamente, avendo come riferimento il consiglio di amministrazione, ed avendo gestito la medesima, tra l’altro, nel periodo di maggiore crisi economica e finanziaria degli ultimi 80 anni, consentendo alla stessa di uscire rafforzata da tale temperie, senza mai chiedere aumenti di capitale e garantendo solidi e lusinghieri risultati di bilancio. È evidente - continua Perissinotto - che mi difenderò nelle sedi opportune, affidandomi ai miei legali, e riservandomi di chiedere ragione di tale comportamento a chi lo ha posto in essere e non ha esitato a trascinare la compagnia in un’azione che mi sembra, oltre che infondata, del tutto strumentale».

Con il ricorso si è scatenata la seconda parte della guerra a tutto campo degli attuali vertici del Leone capitanati da Mario Greco. Il primo capitolo dei giorni scorsi è stato quello penale per il quale Perissinotto e Raffaele Agrusti, subentrato al primo nella carica di direttore generale, sono finiti nel mirino dei pm Federico Frezza e Matteo Tripani. Accusati di “ostacolo all’esercizio delle autorità pubbliche di vigilanza” per aver messo il loro nome in calce a sei operazioni ritenute da Consob e Ivass irrispettose dei vincoli di governance o per mancanza di comunicazioni al cda. Anche nei confronti di Agrusti, Assicurazioni Generali ha già da tempo presentato ricorso alla sezione Lavoro del Tribunale, dopo aver sospeso il pagamento della buonuscita per la somma di 6,1 milioni di euro concordata con il manager accanto al compenso per un milione previsto per il 2013. Uno stop che - ovviamente - è stato contestato dall’ex dg il quale ha rispedito al mittente le accuse.

Torniamo al ricorso di Generali. Nell’atto si fa riferimento a Capital Appreciation, un’operazione che risale al 2000, ben quattordici anni fa. L’investimento, per un totale di 52 milioni, era avvenuto in due tempi: una tranche da 41 e un’altra da 11 milioni di euro. Entrambe le emissioni sono scadute nel dicembre 2003, ma sono state successivamente rinnovate fino al mese di dicembre 2010. Da quanto si è saputo, di quell’investimento sarebbero stati recuperati da Assicurazioni Generali appena 6 milioni di euro. Secondo il ricorso quei fondi ottenuti da Capital Appreciation sarebbero stati poi utilizzati per finanziare Sviluppo 24, una società riconducibile a Finanziaria Internazionale. Quest’ultima fa riferimento a Enrico Marchi e Andrea De Vido, entrambi soci di Generali tramite i veicoli Ferak e Effeti.

Lo stesso pm Frezza li ha interrogati a suo tempo come persone informate sui fatti. Sviluppo 24 avrebbe a sua volta investito il denaro per acquistare alcuni immobili di proprietà del gruppo triestino Telit, del quale Generali aveva il 32%, e del quale è stato amministratore anche Michelangelo Agrusti (fratello dell’allora dg del Leone). Ma proprio l’operazione Capital Appreciation è una di quelle poi finite - nel periodo successivo in cui Perissinotto rivestiva il ruolo di ceo - sotto la lente di Ivass e Consob.
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