«Giulio non è stato ucciso da criminali comuni»

Nuova marcia indietro delle autorità mentre domani il governo dovrebbe consegnare ai nostri magistrati i documenti “finali” sull’inchiesta
Giulio Regeni assieme ai genitori e alla sorella
Giulio Regeni assieme ai genitori e alla sorella

TRIESTE. Oramai siamo al “redde rationem”, domani il governo egiziano dovrebbe consegnare ai magistrati italiani i documenti dell’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. E il condizionale resta d’obbligo. Ma soprattutto c’è da chiedersi quali documenti saranno consegnati?

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Quelli dell’inchiesta vera o quelli dell’inchiesta confezionata per l’Italia? Sarà l’ennesima beffa? Il tutto in una vicenda che di beffe ne presenta molte. Troppe per la famiglia del povero Giulio la quale continua chiedere una cosa molto semplice, ma dannatamente complicata: la verità.

E così, giusto per non mescolare le acque, dopo aver detto tutto e il contrario di tutto, l'Egitto aggiunge un nuovo capitolo sulla morte di Giulio Regeni: il ministero dell'Interno, lo stesso che il 24 marzo scorso in un comunicato ufficiale ha affermato che la banda di truffatori annientata in uno scontro a fuoco era «dietro all'uccisione dell'italiano», ieri ha detto di non aver mai sostenuto che «fosse responsabile dell'assassinio».

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Lo striscione "Verità per Giulio" sulla facciata del Municipio di Trieste (foto Andrea Lasorte)

C'entra ma non c'entra, insomma. L'ennesima capriola che per la prima volta suscita qualche sussulto anche in Egitto: in un editoriale il direttore del maggior quotidiano del paese, Al Ahram, espone chiaramente i suoi dubbi.

«Prima della prossima trasferta in Italia degli investigatori - scrive Mohamed Abdel Hadi Allam - esortiamo lo Stato a portare in giudizio gli autori del crimine». L'Egitto deve presentare, aggiunge, «prove e verità coerenti sulla vicenda» poiché le «versioni ingenue sulla morte di Regeni» finora circolate «hanno nociuto all'Egitto sia all'interno che all'estero e hanno dato a qualcuno la giustificazione per giudicare quello che succede nel paese e dire che niente è cambiato, come se fossimo nella fase che precedeva la rivoluzione del 25 gennaio».

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Parole piuttosto chiare che lasciano ipotizzare uno scontro con la presidenza da un lato e gli apparati di sicurezza dall'altro. A fornire l'ennesima versione, stavolta, è stato il viceministro aggiunto dell'Interno Abou Bakr Abdel Karim, intervistato dalla rete satellitare Al Haya. Ma il viceministro si è guardato bene di fornire una spiegazione plausibile a quel che è evidente fin dal giorno della sparatoria: come sono finiti i documenti di Giulio a casa della sorella del capo della banda?

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Chi ce li ha portati? È stato individuato il fantomatico “amico” del boss che 5 giorni prima della sparatoria gli avrebbe consegnato i documenti? Come è possibile che dei truffatori tengano per 2 mesi dei documenti così scottanti? Come mai una banda che sequestra stranieri per rapinarli non ha prelevato neanche un euro dal conto di Giulio, pur avendo il bancomat?

A 48 ore dal vertice con gli investigatori italiani di Ros e Sco - un incontro che al momento non ha ancora una conferma ufficiale anche se i contatti telefonici tra gli italiani e gli egiziani sono andati avanti in queste ore - prosegue dunque la strategia che il Cairo ha adottato ormai dal 3 febbraio: buttare in pasto all'opinione pubblica interna e internazionale una qualunque “verità”, senza alcuna prova concreta a sostegno delle tesi propinate, per poi aggiustare il tiro in base alle reazioni suscitate. E, soprattutto, per non fornire quegli elementi che gli inquirenti italiani chiedono ormai da mesi.

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Per esempio, i tabulati telefonici di una decina di persone che prima della scomparsa aveva rapporti con Giulio: i suoi coinquilini, i vicini di casa, esponenti di sindacati indipendenti e ambulanti, amici del ricercatore. Tabulati che serviranno agli investigatori per ricostruire tutto quello che si è mosso attorno a Giulio prima della sua scomparsa.

Il secondo elemento ritenuto fondamentale dai nostri inquirenti e l'analisi del traffico registrato il 25 gennaio dalle celle telefoniche attorno all'abitazione di Regeni e il 3 febbraio dalle celle nella zona del ritrovamento: servirà ad avere il quadro completo di tutti i cellulari che hanno impegnato le zone in momenti cruciali per l'inchiesta. Sono queste, dunque, le risposte che si attendono per martedì e dalle quali si vedrà la reale intenzione dell'Egitto.

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