Gorizia, ex Safog, cala il sipario licenziati i 33 dipendenti

E adesso è davvero tutto finito. In queste ore, vengono consegnate le lettere di licenziamento ai 33 dipendenti della Swi srl (ex Safog). «L’ultimo passo è stato compiuto. Purtroppo. C’è poco da dire. Nei giorni scorsi si è svolta un’assemblea di tutti i lavoratori in cui abbiamo affrontato la questione. Rabbia? Sì, c’era tanta rabbia ma soprattutto grande rassegnazione. I dipendenti erano delusi e fortemente preoccupati per il loro futuro e per nuove, eventuali prospettive di lavoro», sottolinea senza troppi giri di parole Alessandro Contino, segretario provinciale della Fim-Cisl.
Lo smarrimento dei dipendenti
Una preoccupazione di cui si fa portavoce Paolo Clementi: oltre ad essere Rsu Cisl, è (anzi era) il dipendente più anziano in forza alla Swi.
Della ex Safog conosce praticamente tutto. Perché tre generazioni della sua famiglia hanno lavorato in quella storica azienda, contribuendo (negli anni d’oro) alla sua crescita. «Senza parole. Siamo rimasti letteralmente senza parole. Ci sono persone che, ora, dovranno reinventarsi una professione: padri di famiglia che devono onorare un mutuo, professionisti che hanno dato tutto all’azienda e che s ritrovano con un pugno di mosche in mano, persone che hanno i conti in rosso». I trentatré dipendenti sono, quasi esclusivamente, uomini. C’è una donna che si occupava del versante amministrativo. «Due anni e mezzo fa, quando è arrivata la nuova proprietà rappresentata da Antonino Polizzotto, c’erano 80 dipendenti. Già nei primi dodici mesi si sono assottigliati, dimezzandosi e arrivando a quaranta. Ora, alla chiusura dello stabilimento, eravamo rimasti in 33. È stato un declino repentino».
L’ultimo giorno di lavoro è stato il 24 luglio scorso. «Poi - racconta ancora Clementi - non abbiamo più messo piede all’interno della fabbrica che, peraltro, è in preda di infiltrazioni. Fa male il cuore aver vissuto il tramonto di una realtà produttiva storica. La mia famiglia ha dato tanto per quello stabilimento. Inoltre, non si è mai capito sino in fondo quanto usurante sia questa tipologia di mestiere. Siamo davvero delusi». Polizzotto è proprietario anche della “SpecialSald” che si trova in provincia di Udine. È un’attività a livello artigianale e ha otto dipendenti. Difficile, se non impossibile, pensare che lì possa essere dirottato qualche dipendente ex Swi.
Il tramonto di una vocazione
Con la chiusura della Swi, il polo industriale di Straccis viene - di fatto - spazzato via. Assieme a quello di Piedimonte era l’indiscusso cuore pulsante dell’economia goriziana.
Oggi, con la crisi che si è abbattuta sull’ex Safog, è morto uno degli ultimi baluardi di quell’antico polo produttivo, dopo lo smantellamento della Siap di due anni fa. Il capoluogo isontino pare aver già abdicato alla sua vocazione industriale, sacrificata sull’altare della crisi. Una crisi che, almeno per quanto riguarda l’Isontino, è particolarmente ramificata: da un lato, innegabile, la sfavorevole congiuntura economica globale, che ha comportato una contrazione dei consumi e inevitabili ripercussioni sull’accesso al credito; dall’altro le mutate condizioni geopolitiche, che hanno avvicinato la Slovenia (a livello istituzionale, sociale e culturale) e allontanato le imprese. A tenere la contabilità era stato, nei giorni scorsi, Alessandro Contino, segretario della Fim-Cisl Fvg. Aveva evidenziato che, con la chiusura della Swi, non sarebbe rimasto altro che «la “Lmc3”, di proprietà del Gruppo Cividale, che produce stampi e modelli per fusioni e dà lavoro a una trentina di operai, la “Fasma” (ex Sirio) il cui organico si aggira attorno alle 4/5 unità e l’azienda di un gruppo veneto che ha un numero pari di dipendenti. In altre parole, del polo del Gruppo Cividale, resterebbe davvero poco. Stiamo assistendo a un’erosione continua di stabilimenti a Gorizia. La situazione è preoccupante. La città sta arrancando e non si vedono, al momento, vie d’uscita».
Riproduzione riservata © Il Piccolo