Gorizia: morì dopo l’intervento, 3 medici a processo

Secondo l’accusa, i chirurghi dell’ospedale non avevano tenuto conto di una patologia preesistente del paziente
Un intervento in sala operatoria in una foto d’archivio
Un intervento in sala operatoria in una foto d’archivio

GORIZIA I chirurghi del San Giovanni di Dio che, tre anni fa, visitarono e poi sottoposero a un intervento chirurgico di resezione dell’intestino il 78enne goriziano Giovanni Kerpan, non tennero conto di una patologia che il paziente aveva in atto (una grave stenosi carotidea, riscontrata con un’ecodoppler il 31 gennaio 2013).

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Bumbaca Gorizia 26_09_2016 Nuova risonanza magnetica ospedale © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

Ma non solo: non diagnosticarono correttamente né durante l’intervento, eseguito il 17 gennaio 2014, né nel successivo decorso operatorio, un’emorragia addominale dovuta al fatto che, durante l’intervento, all’anziano era stata lesionata la milza, con conseguente grave anemizzazione, ictus e infarto per il diminuito apporto di sangue al cervello e al cuore.

Tutto ciò concorse a provocare danni irreversibili che condussero Giovanni Kerpan alla morte, avvenuta il primo febbraio dopo due settimane di agonia. Queste le accuse formulate ai tre dottori che ebbero in cura il paziente – Ignazio Citro, Alberto Canevelli e Giuseppe Stacul - e che da oggi (la prima udienza si terrà alle 14.30 davanti al giudice monocratico) saranno a processo per omicidio colposo.

Era stato il pm Laura Collini a chiedere il rinvio a giudizio nell’aprile del 2015, accusando i sanitari di «negligenza, imprudenza e imperizia». Richiesta accolta dal giudice Sabrina Cicero nell’udienza preliminare del febbraio 2016. Giovanni Kerpan era stato portato in sala operatoria per un intervento nel quale, in laparoscopia, doveva essergli asportato un piccolo tumore a livello della fessura splenica, senza metastasi né interessamento dei linfonodi.

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Bumbaca Gorizia 22.08.2012 Ospedale incontro su viabilità e parcheggi - Fotografia di Pierluigi Bumbaca

Tutto sembrava essere andato nel migliore dei modi, «a parte una piccola emorragia», come i familiari si sentirono dire dopo l’operazione. Già si pensava a un positivo decorso post-operatorio. E invece la situazione precipitò nel giro di sole ventiquattro ore.

Ora, i due chirurghi che hanno eseguito l'intervento – Citro e Canevelli - saranno sul banco degli imputati insieme a Stacul che, di turno il 18 gennaio dopo che in dicembre aveva riscontrato la stenosi carotidea al Kerpan, secondo l’accusa non si sarebbe accorto dell’emorragia in atto nonostante l’anemia, il calo della pressione e altri sintomi.

L’inchiesta giudiziaria aveva preso le mosse da una denuncia-querela presentata dai familiari dell’anziano dopo la sua inspiegabile morte, per il tramite dell’avvocato Daniele Compagnone. Avevano voluto vederci chiaro, non si erano accontentati della versione fornita dai medici e dell’ospedale.

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Da qui la decisione di intraprendere l’azione legale nella speranza di ottenere giustizia o quantomeno sapere con esattezza come erano andate le cose. Il pm si era avvalso di una consulenza tecnica effettuata dal professor Vincenzo Pezzangora di Venezia per avere un quadro clinico molto preciso. Le cartelle cliniche naturalmente erano state sequestrate su ordine del magistrato.

Nel processo il dottor Stacul sarà difeso dagli avvocati Riccardo Cattarini e Marianna Basile, mentre Citro e Canevelli saranno assistiti dall’avvocato Alberto Tarlao, che afferma: «Il nostro intento sarà quello di dimostrare che la lesione alla milza non è compatibile con l’intervento, e che al momento dello stesso le valutazioni sul rischio operatorio erano già state effettuate dal primario e da un anestesista”.

Il processo, al netto delle solite schermaglie iniziali, comincerà veramente con l’audizione di alcuni testimoni, successivamente sarà la volta delle perizie.

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