Gorizia, uno degli amici è il testimone chiave per la morte di Stefano nel pozzo

GORIZIA C’è un compagno di giochi di Stefano che l’ha visto volare nel pozzo. Formava con lui una delle squadre durante la caccia al tesoro. Ora diventa il testimone-chiave della tragedia consumatasi mercoledì scorso nel parco Coronini. L’amico potrebbe rispondere a numerosi interrogativi degli investigatori che sono ancora senza risposta.
Il pm Ilaria Iozzi della Procura di Gorizia, che coordina l’inchiesta, lo sentirà in maniera protetta, con tutte le cautele del caso visto che si tratta di un minore da tutelare. Un ragazzo che sarà rimasto chiaramente traumatizzato per la caduta di Stefano in quel maledetto pozzo coperto da un pannello d’acciaio circolare su cui sarà eseguita una perizia per stabilire in quale modo era assicurato ai ganci.
Con ogni probabilità non sarà un interrogatorio normale ma un vero “incidente probatorio” che comporta un sopralluogo sul posto. Solo così il testimone potrà indicare agli inquirenti come si era mosso Stefamo per trovare la mappa e soprattutto come è finito dentro il pozzo. E anche dove si travassero gli altri partecipanti e gli animatori al momento della disgrazia per la quale finora sono state indagte quattordici persone. Una testimonianza fondamentale che sarà incrociata con gli altri elementi acquisiti in questi ultimi giorni. Un accertamento che per la sua natura sarà irripetibile.
Come è noto, il decesso di Stefano è avvenuto nel corso di una gara di orienteering organizzata nell’ambito del centro estivo promosso dal coordinamento delle parrocchie di Gorizia e ora emerge che i partecipanti erano stati divisi in quattro gruppi: tre da due persone e uno da tre. In totale c’erano quindi 9 minori e ad accompagnarli c’erano quattro animatori maggiorenni.
Il rapporto dunque era di poco superiore a un adulto per due ragazzi (1 ogni 2,25 per l’esattezza) e comunque di un animatore per gruppo. Spetterà alla magistratura stabilire se i numeri erano congrui, ma su questo punto non sembrano esserci grossi dubbi dal momento che tra le 14 persone iscritte nel registro delle notizie di reato non compaiono i nomi degli organizzatori del centro estivo parrocchiale, ma solo quelli dei due animatori che avevano in carico il gruppetto di cui faceva parte Stefano.
Come ricordato dall’avvocato Franco Ferletic, che in qualità di legale dell’Arcidiocesi di Gorizia si occupa della difesa dei due animatori, il fatto di trovarsi in un parco pubblico e recintato, per i due giovani che dovevano vigilare sui ragazzini del centro estivo era già di per sé motivo di sicurezza.
«Per quanto si possa immaginare che un pozzo sia sempre un pozzo, se intorno non c’è nulla che impedisca di avvicinarsi, non si può immaginare che sia pericoloso», ha evidenziato il legale.
Oggi è anche il giorno dell’autopsia. Ma l’esame sul corpo di Stefano Borghes, il tredicenne precipitato mercoledì mattina nel pozzo del parco di Villa Coronini Cronberg, sarà uno degli accertamenti tecnici che dovranno stabilire i motivi per cui il tappo della struttura profonda circa 30 metri ha ceduto facendo cadere il ragazzo nel vuoto. Ma l’autopsia non sarà l’atto più importante di questa fase. —
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