Governo Milanovic sulla rampa di lancio

di Andrea Marsanich
FIUME
Il gesto di maggiore effetto è stato compiuto probabilmente dal presidente di Dieta democratica istriana, Ivan Nino Jakovcic, che ieri a Pola ha preso una bomboletta spray e su un maximanifesto elettorale di Kukuriku ha scritto Hvala–Grazie. Ha voluto in questo modo rivolgere un ringraziamento bilingue agli elettori che domenica in Croazia hanno dato la vittoria al quadrifoglio di centrosinistra, impostosi alle elezioni parlamentari che hanno segnato la sconfitta della Comunità democratica croata, o Accadizeta, il partito fondato da Franjo Tudjman, al potere ininterrottamente dal 1990 con la sola eccezione del quadriennio 2000–2003 (Croazia guidata dai socialdemocratici di Ivica Racan). Kukuriku, costituita da socialdemocratici, popolari, dietini e pensionati, si è conquistata la maggioranza assoluta al Sabor, il parlamento unicamerale croato, grazie ad 80 seggi, più un seggio arrivato dalle file dei deputati delle minoranze nazionali. Avendo il Sabor 151 posti, la maggioranza è fissata a quota 76 seggi e dunque il leader dell’alleanza e prossimo premier, il socialdemocratico Zoran Milanovic, ha i numeri per governare, senza dover ricorrere a ulteriori coalizioni.
L’Accadizeta di seggi ne ha ottenuti 47, comprensivi dei 3 conquistati nell’undicesima circoscrizione che riguarda i croati residenti all’estero e dove Kukuriku non ha voluto presentarsi. Quello dell’Hdz è il peggior risultato parlamentare nella storia del partito, che ha pagato così anni di scandali, abusi di potere, corruzione e di deboli risposte alla grave crisi economica che sta soffocando un Paese prossimo ad entrare nell’Unione europea. Voglia di cambiamento dunque tra gli elettori di Lijepa Nasa (Bella Nostra), come i croati definiscono il loro Paese e pertanto non potevano non esserci sorprese, positive e negative. La prima categoria comprende i Laburisti croati–Partito del lavoro e il Partito regionalista della Slavonia e Baranja, con 6 seggi ciascuno, e la lista indipendente del sacerdote emerito Ivan Grubisic, che ha piazzato due esponenti in parlamento. La seconda, quella dei delusi, annovera il Partito social–liberale (centro) e il Partito dei Diritti (estrema destra), diventati schieramenti extraparlamentari. Male pure il Partito contadino, che nel 2000 aveva 16 parlamentari, 6 nel 2007 e soltanto uno nel mandato 2011–2015. Niente Sabor invece per Ladonja del connazionale vallese Plinio Cuccurin, al quale è mancata una manciata di consensi, non più di 120. L’estrema destra sarà comunque rappresentata nell’emiciclo parlamentare con un seggio del Partito puro dei diritti Ruza Tomasic. Otto i seggi garantiti alle comunità nazionali minoritarie, con 3 andati al Partito democratico autonomo serbo e gli altri assegnati ad italiani (il polese Furio Radin), cechi e slovacchi, ungheresi, bosgnacchi e rom. L’affluenza alle urne è stata del 62 per cento, con operazioni di voto contraddistinte da un clima sereno, senza particolari incidenti o irregolarità, fatto encomiato da esponenti dell’Osce che hanno seguito le elezioni. Oggi la Commissione parlamentare statale pubblicherà i risultati ufficiali e non definitivi per dare spazio ad eventuali ricorsi. Quando invece gli esiti saranno definitivi, il capo dello Stato Ivo Josipovic conferirà a Milanovic il mandato per la formazione del nuovo governo, che dovrebbe avere 17 ministeri.
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