Gradisca italiana da un secolo, fra il giallo della data e il Leone di San Marco

Quella storiografica coincide con l’Epifania del 1920, il 16 gennaio ci fu il discorso ufficiale che sarà ricordato dal Comune 
La folla attorno al Leone nel 1924
La folla attorno al Leone nel 1924

GRADISCA Un secolo con il Tricolore. Gradisca celebra in questi giorni il Centenario della sua italianità. Una ricorrenza che la pandemia in atto fa passare in qualche modo in sordina. Il Comune – come assicura il vicesindaco e assessore alla Cultura Enzo Boscarol – ricorderà l’evento, seppure in forma forzatamente simbolica. Sulla data esatta della ricorrenza peraltro, non tutti sono concordi. La storiografia ufficiale tramanda la data odierna, quella del 6 gennaio, come quella dell’effettiva entrata in vigore dei trattati e norme che sancirono il passaggio della Contea principesca di Gorizia e Gradisca dall’amministrazione statale austroungarica al Regno d’Italia, poi incastonata nell’ordinamento sabaudo da diversi passaggi successivi.

I segni dei bombardamenti a Gradisca
I segni dei bombardamenti a Gradisca


Non nomina esplicitamente questa data lo storico per eccellenza della Fortezza, l’ex sindaco Marino Di Bert, che nel suo “Vicende Storiche Gradiscane” non menziona la data (formalmente ineccepibile) dell’Epifania, e si concentra su quella del 16 gennaio: la data in cui una città ancora scossa e ferita festeggiò ufficialmente l’annessione al Regno d’Italia “con un discorso del concittadino Edmondo Zumin, giudice del Tribunale di Trieste, tenuto pubblicamente nella sala consiliare del palazzo municipale”. «Propendiamo per questa ricorrenza perché dà maggiormente il senso di adesione istituzionale e pubblica», spiega Boscarol. I primi atti formali del post annessione, racconta Di Bert, riguardarono “il cambio delle corone e lire venete in ragione del 40 e poi 60% del valore nominale attribuito dal cessato governo austro-ungarico all’atto delle rispettive emissioni”; il risarcimento dei danni derivati dalla guerra alle singole proprietà; la ricostruzione degli edifici distrutti o danneggiati”. Una decina, ricorda lo storico, le imprese edili della zona chiamate a guarire le ferite patite dalla città.

Il Distretto di Gradisca venne amministrato da un presidio militare, guidato dal tenente colonnello Roberto Roberti, sino al 1922. Le elezioni per il Consiglio comunale si svolsero invece il 15 gennaio 1922, e videro Francesco Marizza primo sindaco della Gradisca italiana. Sempre nel 1921, Gradisca diviene un simbolo quando una triestina originaria della Fortezza, Maria Bergamas, viene idealmente indicata come la madre spirituale del Milite Ignoto e di tutti i caduti della Grande Guerra. Suo figlio Antonio, nato in città e pervaso da sentimenti italiani, fu arruolato nell’esercito austriaco: nel 1916 disertò e si arruolò volontario nel Regio Esercito. Fu ucciso in combattimento alle falde del monte Cimone di Tonezza (16 giugno 1916) e il suo corpo non venne più ritrovato. Dopo la guerra, Maria ebbe l’incarico di scegliere il corpo di un soldato tra undici salme di caduti non identificabili. Il 28 ottobre 1921 nella Basilica di Aquileia, la donna fu posta di fronte alle undici bare allineate: appoggiò lo scialle sulla seconda bara e, dopo essere passata davanti alle prime, non riuscì a proseguire nella ricognizione e si accasciò al suolo davanti alla decima su cui, per questo motivo, cadde la scelta. La salma prescelta fu posta all’interno del Monumento al Milite Ignoto, presso il Vittoriano a Roma il 4 novembre 1921.

Gradisca dovrà invece attendere altri tre anni, il 21 aprile del 1924, per stringersi al monumento che celebra la “redenzione” della città. Il Leone di San Marco, simbolo dell’italianità e omaggio alla sua origine veneziana realizzato dallo scultore concittadino Giovanni Battista Novelli, venne inaugurato alla presenza di una folla dirompente. Sul pennone a fianco al monumento issato il gonfalone di Venezia recato in dono dal Grande Ufficiale Daniele Giordani, capo della città di Venezia, il discorso inaugurale pronunciato dal poeta e scrittore Giovanni Lorenzoni. Dopo la Marcia Reale della banda cittadina, un coro formato da 600 bambini intonò l’Inno a Gradisca. Su ogni lato del monumento sono visibili quattro bassorilievi mentre in cima alla colonna è stato posto un Leone di San Marco con il libro aperto, simbolo della sovranità di Venezia. I bassorilievi sono accompagnati da una data e indicano i quattro date. Il periodo 1470-1499 con il pericolo dell’invasione turca, il 1479 dove viene narrata la costruzione della Fortezza per la difesa del centro, il periodo 1511-1915 dedicato alla dominazione asburgica e infine l’ultimo, con in primo piano una Vittoria Alata, la data del 4 novembre 1918 e l’entrata in vigore dell’armistizio di Villa Giusti. —


 

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