Guerre degli anni ’90, la prima mappa alla ricerca di verità su crimini e vittime

BELGRADO Una volta, nell’età dell’oro della Jugoslavia, andavano di moda le carte geografiche che segnalavano le bellezze architettoniche e naturali del Paese, in commercio per attirare i turisti e oggi assai ricercate da collezionisti e jugonostalgici. I tempi sono però cambiati. E dopo le guerre degli Anni Novanta servono purtroppo anche nuove mappe, nei Balcani.
Una, molto importante, sarà resa pubblica oggi. È la prima «Mappa delle vittime delle guerre nell’ex Jugoslavia» nel periodo 1991-2001 ed è opera di “Inicijativa za Rekom”, un network che si batte per l’istituzione della tanto attesa commissione regionale Recom che dovrebbe fare luce sui crimini di guerra nell’ex Jugoslavia, e di varie Ong balcaniche. La mappa online permetterà a tutti, via Internet, di visualizzare il destino di migliaia di vittime dei conflitti, con puntini colorati a segnalare i decessi e il luogo dove furono commessi crimini di guerra, dalla Bosnia alla Croazia arrivando in Macedonia: una vera e propria ferale “guida” nello scoprimento delle mattanze degli Anni Novanta, risultato di anni di ricerche peraltro ancora in corso.
Fra i “cartografi” c’è l’Ong croata Documenta. Si tratta «di una vera mappa», anticipa Vesna Terselić, celebre attivista croata per la pace, che precisa che i dati sono ancora parziali. Mappa che rappresenta però «lo stato dell’arte» delle ricerche indipendenti della società civile in corso da anni. Mostra quello che si sa oggi, inclusi i nomi di alcune migliaia di vittime e luoghi e circostanze del loro martirio «confermati da tre fonti indipendenti». E continuerà a essere sviluppata nei prossimi anni, aggiunge. La mappa è anche un messaggio ai governi della regione, affinché «pubblichino i dati in loro possesso», per aggiungere nuovi nomi e dettagli ancora ignoti. E perché finalmente sostengano la nascita di Recom, la “Truth Commission” balcanica, commissione regionale ad hoc che dovrebbe stabilire una volta per tutte, in maniera condivisa, la verità dei fatti sui crimini di guerra e su altre gravi violazioni dei diritti umani commessi nella regione tra il 1991 e il 2001. È questa la via privilegiata per evitare revisionismi e «manipolazioni dei dati», forse anche «futuri conflitti», in Paesi dove la memoria è lontana dall’esser patrimonio comune, con criminali di guerra attori sulla scena politica o accolti «come eroi da ministri».
Il progetto è importante, conferma la storica “pasionaria” dei diritti umani in Serbia, Natasa Kandić, del Fondo per il diritto umanitario, fra i protagonisti del progetto: a 17 anni dalla fine dell’ultima guerra balcanica, il mini-conflitto civile in Macedonia, «abbiamo osservato che i Paesi della regione non sono stati ancora in grado di creare un registro delle perdite umane» dei conflitti, ed è questa «la ragione principale» su cui si fondano la mappa, le ricerche e la creazione della «commissione regionale», che dovrà dare un nome a tutte «le 130mila vittime» stimate. Arrivando, aggiunge Kandić, «una volta per tutte nella storia dei Balcani a essere sicuri che sappiamo i nomi e il destino di chi ha perso la vita in guerra».
Serve però la Recom, ancora in stallo a causa della debole volontà politica. Ma le cose sembrano lentamente cambiare, con l’eccezione della Croazia, dove la «nuova leadership ha preso un po’ le distanze da Recom», mentre sulla carta «Serbia, Montenegro, Kosovo e Macedonia stanno lavorando alle procedure per creare» la commissione interstatale, nella speranza che anche «la Bosnia con la nuova presidenza» esca dall’immobilismo. Nel frattempo la società civile e le Ong continuano nel loro impegno, che sta portando frutti preziosi per il futuro. Le ricerche hanno permesso finora di «stabilire l’identità di circa ventimila vittime, un numero molto importante», assicura Kandić. Numeri che, nella mappa del dolore, si tradurranno piano in piano «in nomi» di persone e in descrizioni «del modo in cui persero la vita». Che potranno essere letti e meditati da chi vorrà costruire un futuro di pace. —
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