I Balcani combattono contro il fango

Salgono a 24 i morti in Bosnia e a 21 in Serbia. Il tennista Djokovic dona 500mila dollari: «Lo spirito unitario della Jugoslavia riemerge dalle alluvioni»
epa04215457 Flooded homes in the city of Orasje , 250 km from the capital of Bosnia, Sarajevo, 20 May 2014. A state of emergency has been declared in Bosnia and Herzegovina due to severe floods caused by rain falling for several days. Thousands of people in Bosnia, Serbia and Croatia were evacuated late 19 and early 20 May 2014 as rising floodwaters swallowed homes and farmland after last week's record rains. EPA/FEHIM DEMIR
epa04215457 Flooded homes in the city of Orasje , 250 km from the capital of Bosnia, Sarajevo, 20 May 2014. A state of emergency has been declared in Bosnia and Herzegovina due to severe floods caused by rain falling for several days. Thousands of people in Bosnia, Serbia and Croatia were evacuated late 19 and early 20 May 2014 as rising floodwaters swallowed homes and farmland after last week's record rains. EPA/FEHIM DEMIR

BELGRADO. Giorno di lutto nazionale, ieri in Bosnia, per ricordare le vittime delle terribili inondazioni. Vittime, secondo gli ultimi calcoli, che sono almeno 24, diciassette nella Republika Srpska, sette nella Federazione, numeri che parlano da soli. Ma tempo di piangere ce n’è poco.

Malgrado la situazione generale sia migliore in confronto ai giorni precedenti, «si lotta ancora contro l’acqua», in particolare nelle aree sommerse dalla Sava presso Orasje e Brcko, ben visibili nelle mappe elaborate dal satellite (floodobservatory.colorado.edu), ha specificato ieri il numero due della protezione civile federale (Fucz), Fahrudin Solak. E non meno difficili rimangono le condizioni a Maglaj, Bijeljina e Doboj. Nel resto del Paese, si continua intanto nell’opera di rimozione del fango e dei detriti, «oltre che nel risanamento dei terreni e nel recupero del bestiame morto».

Bestiame che sarà trasportato in Serbia e in Croazia per essere distrutto negli appositi inceneritori, non disponibili in Bosnia. Tante carcasse arriveranno da Samac, una delle città più martoriate, da dove ieri sono giunte le immagini di centinaia di vacche annegate in una fattoria della zona, «ma è ovunque così, in tutta la municipalità», ha raccontato un contadino alla stampa locale. Stampa che ieri ha segnalato anche l’attivazione di 38 nuove frane, che si aggiungono alle centinaia dei giorni scorsi, il pericolo più insidioso al momento, soprattutto lungo la Drina, nell’area di Zvornik.

Anche in Serbia da oggi si ricorderanno con tre giorni di lutto i ventuno periti, quattordici solo a Obrenovac, questo l’ultimo e più aggiornato bilancio, Bilancio che parla anche di quasi 31mila evacuati, di cui 17mila ospitati a Belgrado in strutture pubbliche e private. Anche in Serbia le acque continuano a defluire ma i danni già provocati sono enormi. E fanno ancora paura la Sava e il Danubio, in crescita. La «crisi non è finita, abbiamo bisogno di pompe», soprattutto per continuare a difendere la centrale elettrica di Kostolac, ha chiesto il ministro dell’Energia serbo, Antic.

Serbia dove però cominciano anche a diffondersi dubbi, soprattutto sui social network, sulla tempestività degli allarmi lanciati dalle autorità prima delle esondazioni, principalmente nell’area di Obrenovac. Dubbi sdegnosamente respinti, ad esempio, dal sindaco di Belgrado, Mali, bollati come «insolenze». Critiche per il momento sotto traccia, mitigate dall’azione di solidarietà generale che continua incessante. E dall’impegno di singoli, come il tennista Djokovic, che ha annunciato che donerà 500mila dollari del premio vinto agli Internazionali di Roma agli alluvionati serbi. Ma non ci si dimentichi della Bosnia. «Mi si spezza il cuore quando vedo quanti colpiti ci sono» nel Paese vicino, «tenete duro, fratelli», ha scritto il campione su Twitter. Subito dopo, un altro cinguettio, con in allegato una cartina dei Balcani. «Dalle alluvioni è riemersa la Jugoslavia», si legge nel titolo dell’immagine, «viva tutti popoli dell’ex Jugoslavia», il commento di “Nole”, riferito all’incredibile sforzo solidale che la tragedia ha prodotto tra le genti della regione, a prescindere dalle appartenenze etniche o nazionali.

Solidarietà che continua ad arrivare anche da vari Paesi Ue, ha confermato ieri la Commissione, con «400 soccorritori» già operativi. Rimane fermo infine a due il conteggio delle vittime nell’Est della Croazia, dove la situazione non è per questo meno grave, con villaggi e campagne ancora sommersi. Situazione che rimane seria soprattutto a Strosinci, Racinovac. E a Gunja, di fronte a Brcko, evacuata dai suoi 4mila abitanti, dove case e migliaia di ettari di terreni fertili sono stati allagati e dove destano grande preoccupazione i campi minati, smossi dalle acque torbide. No, malgrado il generale miglioramento, l’emergenza non è per niente passata.

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