I baristi del centro portano il prezzo del caffè a 1 euro

Iniziativa unitaria dei locali lungo Corso Italia: «La materia prima è rincarata» Ma c’è chi preferisce non rischiare la clientela. Ciccio: «Io resto fermo a 90 cent»
ANTEPRIMA Palmanova 19 MARZO 2006.carabinieri varie Copyright Massimo Turco Foto Agency Anteprima Udine
ANTEPRIMA Palmanova 19 MARZO 2006.carabinieri varie Copyright Massimo Turco Foto Agency Anteprima Udine

di Giovanni Tomasin

Pare che il prezzo del caffè sia lo specchio della crisi: se così è, l’economia non se la passa tanto bene, visto che molti bar del centro città hanno deciso di alzare il prezzo dell’irrinunciabile tazzina da 90 centesimi a un euro.

La ragione, confermata più o meno da tutti i baristi, è il continuo rincaro della materia prima: «Negli ultimi mesi rifornirsi di caffè è diventato sempre più oneroso - spiega Paolo Bisio del Caffè del Teatro -. A settembre il pacco da un chilo è passato da 19 a 21 euro, e a giugno aumenterà ancora a 22». Da qui la decisione presa di concerto da molti baristi di Corso Italia e dintorni. Bisio sta ancora riflettendo se unirsi o no all’iniziativa: «Se vedo che tutti alzano prezzo lo farò anch’io - afferma -. Anche perché oltre al caffè bisogna considerare l’aumento del prezzo di beni basilari come lo zucchero e il latte».

Al caffè Garibaldi non ci sono titubanze: «Dal primo giugno il caffè costerà un euro anche da noi - spiegano al bacone -, fino a ora era a 90 centesimi. Altri bar vicini lo vendevano già a un euro, così abbiamo deciso di uniformarci tutti, perché non ha senso avere differenze di prezzo nel giro di cento metri».

Anche Kristian Assi, cotitolare dello Zenzero in via Garibaldi, è sulla stessa linea: «Volevo farlo già prima - dice -, perché si fa fatica a stare dietro agli aumenti del caffè al chilo. Mi sembra giusto che lo facciano anche gli altri, il prezzo dovrebbe essere unitario per tutti».

I locali collocati in aree più periferiche, però, devono fare più attenzione a non inimicarsi il cliente: per questo basta allontanarsi un po’ dalla zona fra corso Italia e corso Verdi e per scoprire posti in cui si può assumere la dose quotidiana di caffeina allo stesso prezzo di qualche anno fa: «Io lo vendo ancora a 80 centesimi - spiega una signora che preferisce non essere citata -. So che altri bar hanno deciso di passare a un euro e li capisco, perché il caffè costa sempre di più. Alla fin fine alzerò anch’io il prezzo, anche se non posso saltare da 80 cent a un euro. Probabilmente mi fermerò a 90 centesimi».

È incerta sul da farsi anche la titolare del Caffè Trieste, davanti al Tribunale: «Per ora resto a 90 centesimi - spiega -, in futuro vedrò se passare anch’io a un euro». Chi invece non ha dubbi è Ciccio, il barista originario di Hong Kong che ormai è diventato una vera e propria istituzione goriziana: «Il caffè nel mio locale costa 90 centesimi, con panna fresca - dice -, e continuerà a costare così. Questi sono tempi di crisi e non me la sento di dare un colpo alla mia clientela. Magari guadagnerò un po’ meno, ma questo è il rapporto che mi piace avere con chi frequenta il mio bar». Roberto Gajer dell’Ascom goriziana commenta così l’iniziativa dei baristi del centro: «Si sono incontrati e tutti assieme hanno deciso di concordare un prezzo unitario - dice -. Evitano così che ci siano disparità di costo nella stessa zona. In fondo, la tazzina di caffè segue sempre il prezzo del giornale».

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Un’altro episodio di furto allo Ial di Gorizia in via Diaz. Nella notte fra martedì e mercoledì dei ladri si sono intrufolati all’interno dell’istituto e hanno trafugato due computer: «Purtroppo è molto facile entrare in quella scuola - spiegano i carabinieri -, basta forza una porta con un maniglione antipanico con un cacciavite e si è dentro».

Una volta entrati i malviventi hanno forzato anche la porta della segreteria e da lì hanno rubato i computer. Si tratta del secondo caso di furto allo Ial nel giro di pochi mesi: anche la volta scorsa a rimetterci furono le risorse informatiche dello Ial, e altri computer furono rubati. «L’edificio avrebbe bisogno di qualche impianto anti intrusione - spiegano i militari dell’Arma - per impedire che questi episodi si ripetano». Pur non essendo il più classico obiettivo di un raid ladresco, perché non contiene cassaforti, denaro o preziosi di alcun tipo, evidentemente la scuola ha catalizzato le attenzioni di qualche ladro poco schizzinoso ed appassionato di informatica.

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