I capolavori dell’arredo che resero mitiche quelle navi passeggeri degli anni Sessanta

In mostra le opere degli architetti triestini Boico, Cervi, Frandoli e Nordio. L’inaugurazione è prevista sabato alle 18



La Galleria comunale d’arte contemporanea torna da sabato a dialogare fitto con il Museo della Cantieristica sullo stretto intreccio tra design industriale e opera d’arte che segnò fino a tutti gli anni Sessanta del Novecento la produzione di arredi e allestimenti d’interni per le costruzioni navali realizzate nei cantieri di Monfalcone e Trieste. La mostra che verrà inaugurata sabato, alle 18, sempre curata da Francesca Nodari per l’assessorato alla Cultura di Monfalcone e con il sostegno della Regione, conclude di fatto l’esplorazione dell’attività del gruppo di architetti triestini Romano Boico, Aldo Cervi, Vittorio Frandoli e Umberto Nordio, concentrandosi sulle realizzazioni del periodo tra il 1963 e il 1967 e quindi per navi passeggeri quali Marconi, Oceanic, Raffaello e Italia.

Alcune delle più belle unità mai uscite dai cantieri navali italiani, in sostanza. Nella GcAc saranno esposti, come spiegato ieri dalla curatrice presentando la mostra assieme all’assessore alla Cultura Luca Fasan, bozzetti, studi, progetti esecutivi, foto d’epoca e opere che si trovavano a bordo delle motonavi. Come la scultura in bronzo “Cavallo rampante” di Marcello Mascherini, che decorava la sala delle feste dei prima classe della “Marconi” e ora si trova in un palazzo della Regione a Trieste. Una presenza, quella dell’opera creata per la turbonave, che dà in qualche modo continuità all’esposizione dedicata dal MuCa al grande scultore e che ha consentito al Comune di Monfalcone di stringere l’intesa con la Galleria nazionale di arte moderna di Roma e ottenere in comodato permanente tre opere dell’artista e il grande arazzo di Anton Zoran Mušic, ricamato a filo di lana dei “Viaggi di Marco Polo”.

I quattro architetti, come rilevato da Nodari, furono tra i massimi protagonisti nel campo del design e della progettazione di interni navali, che negli anni Trenta del Novecento aveva avuto un geniale innovatore nella figura di un altro triestino, Gustavo Pulitzer Finali, interprete di un nuovo modo di pensare gli spazi di interni della nave, improntati a una sinergia tra razionalismo, funzionalità, decoro e uso di materiali innovativi. Che nel dopoguerra spaziano anche alla gomma, al linoleum, all’alluminio anodizzato, senza trascurare l’impiego di quelli tradizionali come il legno e l’ottone e il sapiente uso dell’illuminazione, pure complemento d’arredo considerato di fondamentale importanza.

«L’opera del quartetto si contraddistingue anche per un’impostazione cromatica unitaria – ha spiegato Nodari – e per la spiccata integrazione con le opere d’arte inserite negli ambienti, in linea con l’idea espressa in quegli anni da Gio Ponti che le navi dovessero essere “anche una manifestazione delle arti del Paese” da loro rappresentato».

Il percorso espositivo che verrà inaugurato sabato si snoda grazie ai prestiti dell’Associazione marinara Aldebaran di Trieste, Civico museo del mare di Trieste, Piero Boico e Lia Brutti, ai contributi del Consorzio culturale del Monfalconese (tra i quali c’è un vinile della musica suonata a bordo dell’Oceanic ), della Biblioteca civica Hortis di Trieste e dell’Associazione per la storia del movimento di liberazione in Friuli Venezia Giulia. «La mostra, come quella precedente, sottolinea la storia del design navale così strettamente legata a quella del nostro territorio – ha detto l’assessore Fasan – e si pone, per la sua proposta culturale, come ulteriore elemento del percorso avviato dall’amministrazione comunale per rendere attrattiva la città». Nodari ha curato una breve guida alla mostra, ma sta lavorando anche a un saggio complessivo sull’opera del quartetto di architetti che dovrebbe essere ultimato entro la chiusura della mostra, il 25 agosto. —





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