I tre mesi a sbafo in hotel della “contessa”

Truffa bis della triestina che si fingeva di sangue blu. È sparita senza pagare il conto da 14mila euro al Palace Suite
La "contessa" Ricciardi nel febbraio 2011
La "contessa" Ricciardi nel febbraio 2011

TRIESTE Noblesse oblige. Quando ti ristrutturano casa e non ti è concesso di viverci finché non finiranno i lavori, se nelle tue vene scorre del sangue blu non puoi lesinare sul ripiego abitativo e optare per una locanda da quattro soldi. L’importante di solito è crederci, a queste cose. Ma nel caso della finta contessa scomparsa da un hotel di classe come il Palace Suite all’angolo tra via Dante e via San Nicolò dopo quasi tre mesi di soggiorno dorato senza aver pagato il conto-record da più di 14mila euro, di cui tremila in consumazioni tra bar, frigo-bar e servizio in camera, è assai più importante che a crederci siano gli altri. Quelli che ti ospitano, appunto.

La triestina Adriana Ricciardi, ex impiegata in pensione di 75 anni, di nobile ha in realtà solo una sfacciata fantasia, perché ha saputo marciare, e alla grande, sulla balla di essere una dama in cerca di un tetto adeguato al suo rango durante la ristrutturazione della propria casa di via di Romagna. Da lì, però, era stata precedentemente sfrattata per morosità, ma questo lo sapeva solo lei visto che l’indirizzo sui documenti era pur sempre quello. Si presentava bene, l’apparenza e qualche anticipo le consentivano presumibilmente di aprirsi una linea di credito, e di fiducia. «Sono la contessa Ricciardi». «Salderò a consuntivo». Capirai.

La "contessa" che non paga dalla suite al dormitorio

L’altro giorno, davanti al giudice Francesco Antoni, la donna ha risolto da contumace (in Tribunale non è dato sapere dove ora lei sia) una delle pendenze penali che ne hanno contraddistinto gli ultimi anni, e sempre per lo stesso motivo, il fatto cioè di essersi spacciata per contessa in alberghi d’alto lignaggio per poi andarsene senza pagare. Il giudice, in questa circostanza, ha pronunciato una sentenza di non luogo a procedere per remissione di querela della parte offesa. Che, invece, in sede civile non ha mollato, poiché a carico della signora risulta ancora pendente un decreto ingiuntivo di pagamento di quei 14mila euro abbondanti mai corrisposti all’hotel. Il processo che s’è appena chiuso in sede penale, è bene sia chiaro, riguardava esclusivamente l’accusa di appropriazione indebita perché quelli dell’albergo avevano riferito che la donna, da un giorno all’altro, dopo aver rimandato più volte con delle scuse il saldo del dovuto, si era volatilizzata lasciando sì nella suite alcuni effetti personali, tra cui anche qualche vestito, ma portandosi via le chiavi della suite stessa. Erano dunque le chiavi “rubate” il motivo di questa chiamata davanti al giudice penale: i 14mila euro e passa “fregati” e a loro volta oggetto di una querela della parte offesa - frutto di un forfait mai onorato da 3.900 euro al mese cui si sono aggiunti in corso di soggiorno circa tremila euro di consumazioni, alcolici compresi - erano già stati derubricati dal piano penale a quello civile poiché l’ipotesi di reato dell’insolvenza fraudolenta regge solo se si può dimostrarne la premeditazione, e qui non risultava tecnicamente possibile farlo.

Tornando alla sentenza penale di non luogo a procedere per le chiavi, essa è stata la conseguenza della deposizione come testimone di Alessandro Lucchetta, direttore di Hotel Continentale e Palace Suite, strutture ricettive che ricadono sotto la medesima responsabilità della Golden Hotel & Resort Srl, qui rappresentata come parte offesa ma che non ha inteso costituirsi come parte civile. Il responsabile dell’albergo, infatti, ha formalizzato che per l’albergo la questione è chiusa. Così è stato lo stesso pm Massimo De Bortoli a chiedere al giudice il non doversi più procedere per remissione di querela, posizione ribadita dall’avvocato Andrea Cavazzini, difensore d’ufficio della signora. È stato l’ultimo atto - penale almeno, civile si vedrà - di una farsa andata in scena tra l’estate e l’autunno del 2010 e indirizzata a Foro Ulpiano da un decreto di citazione del pm De Bortoli datato febbraio 2014. La donna, da quando era iniziata la “pratica” Palace Suite, non si era fatta trovare dalla giustizia fino a due anni fa, bloccando di fatto l’iter penale giacché la legge oggi impone l’obbligo di conoscenza del procedimento da parte di chi è perseguito. Tra il 2009 e il 2011, per la cronaca, la finta contessa si era fatta ospitare anche al Savoia, alle Terrazze di via Filzi e Al Viale di via Nordio, dove alla fine l’avevano sgamata. Ma, almeno tra i casi noti, il caso dei 14mila e più euro del Palace Suite - finora non conosciuto, peraltro, resta il più ardito.

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