Il gene egoista spiega il senso della vita

Chi è cresciuto negli anni '70 ricorda sicuramente Konrad Lorenz, premio Nobel per i sui studi sull'etologia, inseguito dalle paperette su cui studiava l'imprinting. Erano quelli gli anni in cui l'interesse per la biologia delle specie animali e la loro varietà di comportamenti permeava la ricerca biologica. Le teorie della selezione naturale di Darwin venivano applicate ai singoli organismi, cercando di interpretare come questi sono fatti e come si comportano. Competizione tra i maschi per l'accoppiamento, cure parentali per la prole, comportamenti sociali delle specie venivano visti sotto la luce della pressione selettiva della natura e dell'adattamento del singolo organismo ai suoi cambiamenti.
Poi comparve un libro che era destinato a cambiare per sempre lo scenario. Era il 1976 quando Richard Dawkins, biologo evoluzionistico a Oxford, pubblicò il suo "Il gene egoista". Presentava una visione drasticamente diversa della natura: non sono gli organismi che subiscono la pressione selettiva, ma i loro singoli geni. Il motore dell'evoluzione è il tentativo continuo del gene di essere trasmesso nelle generazioni successive.

Solo il gene è immortale ed è il soggetto primario dell'evoluzione. Non contano i cromosomi, gli individui, i gruppi e le specie. Questi sono soltanto effimeri veicoli per i geni, come le barche sono veicoli per il talento dei vogatori che vi montano (analogia di Dawkins).
Ecco che allora anche fenomeni biologici che gli etologi classici non riuscivano a spiegare avevano immediatamente senso. Tra questi il comportamento altruistico fino al sacrificio della vita: quello che conta è preservare un gene presente nel pool della specie, non il singolo corpo che lo alberga né tantomeno la specie stessa.
Quando la sequenza del genoma umano fu decifrata nel 2001, fu un ulteriore tripudio per il concetto del gene egoista: più del 98% del nostro Dna non serve a codificare le proteine che compongono il nostro corpo, e più del 50% è fatto da sequenze ripetute. Sono tratti di geni egoisti, una specie di parassita che si automantiene avendo come unico scopo proprio quello di automantenersi. Le uniche componenti immortali degli orgnismi viventi sono i loro singoli geni: passano di generazione in generazione, forgiando i corpi perché si adattino ai cambiamenti della natura, con il fine unico di essere trasmessi alle generazioni future.
A distanza di 40 anni dalla sua pubblicazione, "Il gene egoista" è stato tradotto in 25 lingue e ha venduto più di un milione di copie. Rimane un must nella biblioteca di ogni medico e biologo moderno e di chiunque abbia interesse a capire quale davvero sia il senso della vita.
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