Il Kosovo fa cinque anni e “sogna” l’Europa

L’anniversario dell’indipendenza celebrato con una parata militare a Priština Da risolvere il “conflitto” con Belgrado e il problema del crimine organizzato
epa03588380 Ethnic Albanians celebrate during a ceremony to mark the 5th anniversary of Kosovo's independence in Pristina, Kosovo, 17 February 2013. The government of Kosovo lists 96 countries that have recognized the country as the Republic of Kosovo. EPA/VALDRIN XHEMAJ
epa03588380 Ethnic Albanians celebrate during a ceremony to mark the 5th anniversary of Kosovo's independence in Pristina, Kosovo, 17 February 2013. The government of Kosovo lists 96 countries that have recognized the country as the Republic of Kosovo. EPA/VALDRIN XHEMAJ

TRIESTE. Cinque anni ma non li dimostra. Per non essere stato ancora riconosciuto da tutti i Paesi, Serbia in testa. E per non avere ancora un seggio alle Nazione unite. Ma tutto è passato in secondo piano. Il Kosovo ieri era in festa per le celebrazioni del quinto anniversario della proclamazione d’indipendenza (17 febbraio 2008), segnato da progressi nel dialogo (pochi invero) con Belgrado ma, al tempo stesso, dal persistere di una precaria situazione economica e sociale, con una disoccupazione alle stelle, diffusa povertà e soprattutto da un tasso altissimo di corruzione e criminalità. Il programma di festeggiamenti ha visto una sfilata militare e, nel pomeriggio, una seduta solenne del Parlamento con la presenza delle massime autorità del Paese, del corpo diplomatico e ospiti stranieri. I cinque anni trascorsi dalla proclamazione unilaterale d’indipendenza, che la Serbia continua a respingere, sono stati celebrati anche con concerti, mostre e dibattiti in programma nella capitale Priština e nelle altre principali città del Kosovo, dove in molti hanno festeggiato sparando colpi d’arma da fuoco in aria, secondo la tradizione locale. Il dialogo con Belgrado, avviato due anni fa con la mediazione dell’Unione europea, ha sensibilmente migliorato il clima generale dei rapporti con la Serbia, con la quale sono stati raggiunti alcuni accordi rilevanti, a cominciare da quelli sulla gestione congiunta della frontiera e sullo scambio di rappresentanti nelle rispettive capitali.

Una situazione ancora critica e instabile resta tuttavia nella parte Nord del Paese, abitata in maggioranza da popolazione serba restia ad accettare la sovranità di Pristina. E tale tema sarà al centro del prossimo incontro fra i due premier, il serbo Ivica Da›i„ e il kosovaro Hashim Thaci, domani e mercoledì a Bruxelles. La normalizzazione delle relazioni bilaterali è la condizione posta da Bruxelles a Serbia e Kosovo per avanzare sulla strada verso l’integrazione nella Ue. Il Kosovo è stato riconosciuto finora da 96 Paesi (sul totale dei 193 rappresentati all’Onu), compresi Usa, Italia e 22 dei 27 membri della Ue. Non però da Russia e Cina, schierate a fianco della Serbia, che continua a considerare il Kosovo una propria provincia meridionale. L’ultimo Paese a confermare il riconoscimento è stato l’Egitto, decisione che a Priština è stata salutata come il “grimaldello” per ottenere il “placet” anche degli altri Paesi islamici. «Stiamo costruendo la nostra nuova nazione, la sua futura collocazione euroatlantica - ha detto la presidente Atifete Jahjaga - ci adopereremo perché il Kosovo diventi un Paese membro dell’Unione europea e in perenne amicizia con gli Stati Uniti (il vero deus ex machina che ha in pratica deciso l’indipendenza di Priština e che ieri sono sttai celebrati lungo le strade del Paese con la bandiera a stelle e strisce che sventolavano assieme a quelle kosovare)». Per il premier Thaci il sogno di molte generazioni è diventato ora realtà nel Kosovo indipendente riconosciuto già da più della metà dei Paesi membri dell’Onu. «La nostra visione - ha precisato il premier - è quella che ci vuole a breve membro della Nato. Il Kosovo è sulla giusta strada per aderire all’Ue». In Kosovo, comunque, ci sono ancora 6mila soldati del contingente della Nato (Kfor) ed è operativa la missione europea Eulex mentre il rappresentante dell’Ue è l’ex ministro degli Esteri sloveno Samuel Žbogar. Insomma un Paese ancora fortemente sotto controllo da parte della comunità internazionale non fosse altro per l’altissimo tasso di criminalità organizzata operativa nell’area. E c’è chi protesta: non è giusto, si vocifera sempre più ad alta voce a Priština, che i politici viaggino su automobili da 50mila euro mentre gran parte della popolazione soffre la fame. Il Kosovo è anche e soprattutto questo.

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