Il mister di Trieste nega l’accusa davanti al giudice. Attese le deposizioni di altri ragazzini

Più di un’ora davanti al giudice Casavecchia e poi di nuovo a casa in regime di domiciliari 
Il tribunale di Trieste
Il tribunale di Trieste

TRIESTE È entrato alle 10 e 57, è uscito alle 12 e 10. La testa bassa, la mascherina che gli ricopriva il volto. C’erano due agenti della polizia penitenziaria ad accompagnarlo, assieme all’avvocato Giovanni Di Lullo.

Dopo un’ora abbondante di interrogatorio davanti al gip Marco Casavecchia, l’allenatore indagato per «atti sessuali» nei confronti di minorenni è stato riportato a casa, dove sta scontando gli arresti domiciliari. Il pm Lucia Baldovin, non presente ieri all’interrogatorio di garanzia, aveva chiesto una misura cautelare ancora più pesante: il carcere.

«Il mio assistito – osserva l’avvocato Di Lullo – ha scelto di rispondere alle domande del giudice e di spiegare. Ha raccontato che fa l’allenatore da ventisette anni e che ha sempre mantenuto un rapporto molto amichevole e anche affettuoso con i bambini, perché quello è il suo modo di essere».

L’indagato ha risposto anche al nodo centrale dell’intera inchiesta: gli atti sessuali che emergono dalle testimonianze delle famiglie, riferiti dai bambini, raccolte nelle 16 denunce presentate alla polizia. Denunce su cui sta investigando la Squadra mobile, raccolte dalla Procura in 11 capi di imputazione.

«Nessun atto sessuale», riprende l’avvocato Di Lullo. «I contatti fisici certamente ci sono stati – aggiunge – come è normale in un contesto sportivo. Cioè una pacca sul sedere, per intenderci, oppure gli abbracci durante una partita magari dopo un gol. Stiamo parlando di quella fisicità connaturata al calcio, in campo e in spogliatoio. Il mio assistito talvolta trattava come suoi pari i bambini, ma non c’è mai stata alcuna malizia sessuale. Parliamo di una persona che ha famiglia, una famiglia solida».

L’indagato dunque nega categoricamente qualsiasi approccio intimo. Nessuna molestia, insomma. «No – ripete il legale – escludiamo nel modo più assoluto che si possano essere verificati palpeggiamenti nelle parti intime dei bambini. Non c’è stato alcun atto di natura sessuale. Gli unici contatti fisici sono stati abbracci in campo e in spogliatoio, in un clima di amicizia e divertimento».

Gli inquirenti contestano anche alcuni messaggi inviati dall’allenatore ai suoi giocatori. Stando all’accusa, in quei whatsapp l’uomo ha chiesto ai minori foto intime e ha fatto chiari allusioni sessuali. «No – ribatte l’avvocato Di Lullo – non possiamo considerare i messaggi fuori dal loro contesto. E in tutto ciò va considerato che l’allenatore aveva un atteggiamento quasi genitoriale nei confronti dei bambini. Da un lato si metteva al loro stesso livello, come se fosse lui uno di loro. Dall’altro si comportava come un padre affettuoso. Ma, lo ribadisco, in tutto ciò non c’era alcuna malizia».

L’indagato rimane agli arresti domiciliari. La Squadra mobile, nel frattempo, continua l’inchiesta. Nei prossimi giorni saranno sentiti dalla polizia, alla presenza degli psicologi, gli altri bambini coinvolti.

Per due casi gli investigatori hanno in mano un quadro indiziario concreto: due minori, già ascoltati, che hanno affermato di essere stati palpeggiati. Per quei due casi è stato chiesto l’arresto. —



© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © Il Piccolo