Il mito del Ponte dell’Arcobaleno e la nostalgia della vita terrena

Secondo una millenaria leggenda, anche gli amici a quattrozampe dopo la morte volano in un luogo dove regnano serenità e armonia 

la storia

La leggenda narra dell’esistenza di un Paradiso anche per gli animali: questo luogo, chiamato Ponte dell’Arcobaleno, accoglie i quattrozampe che ci sono stati particolarmente vicini al termine della loro vita. Si tratta di una storia che non ha origini ben definite, ma viene ricondotta agli indiani d’America e alla loro capacità di intessere suggestivi racconti. Con il passare del tempo, le parole sul Ponte dell’Arcobaleno sono entrate a far parte di quasi tutte le culture del mondo, pressoché senza variazioni tra una versione e l’altra.

Il Ponte dell’Arcobaleno si trova alle soglie del Paradiso destinato agli umani e, com’è intuibile dal suo nome, è un posto dove regna la serenità e l’armonia. Ovunque ci si volti si possono scorgere distese di prati, intervallate da ruscelli e avvolte nel sole. Non fa mai né troppo caldo né troppo freddo e gli animali qui presenti ritrovano la salute, il vigore e la giovinezza dei tempi migliori, nel caso le abbiano perse durante la loro esistenza terrena. Hanno sempre il cibo e l’acqua che desiderano per sentirsi appagati e momenti senza fine di gioco per rallegrarsi.

C’è però un tassello che impedisce all’idillio di essere completo, ovvero la nostalgia che i pelosoni provano per i compagni umani con i quali hanno convissuto durante la loro esistenza. Capita infatti che, durante il gioco, un cane – oppure un gatto o un coniglietto – si immobilizzi, scrutando attentamente l’orizzonte, convinto di vedere qualcuno di familiare; tuttavia, in lontananza, quel qualcuno non è mai esistito. Finché, dopo così tanta attesa, arriva il momento in cui una figura effettivamente appare in lontananza: l’animale riconosce il suo padrone e gli corre incontro, tra mille feste, baci e salti. E i due non verranno separati mai più, ma proseguiranno il loro cammino nei Cieli insieme. –

n. c.



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