Il mito del Titanic rivive e chiede “aiuto” a Trieste

La replica esatta del transatlantico pronta a ripetere la rotta in mezzo agli iceberg ma il progetto fa i conti con le norme di sicurezza che non sono quelle del 1912
Di Claudio Ernè

TRIESTE. L’inquietudine del viaggio, la paura dell’oceano, la suggestione di un antico e terrificante naufragio provocato dagli iceberg. Si possono fare buoni affari e parecchio denaro anche puntando sulle disgrazie: è sufficiente che tra gli ingredienti della nuova iniziativa sia inserito in posizione dominante il nome del “Titanic”, il transatlantico che finì in fondo al mare il 15 aprile 1912.

Era il viaggio inaugurale e si concluse con la perdita della nave e con la morte di 1518 passeggeri e uomini dell’equipaggio. Ora un magnate australiano vuole ricostruire l’enorme nave, esattamente com’era uscita più di un secolo fa dai cantieri “Harland e Wolff “ di Belfast. Clive Palmer, questo il nome dell’uomo d’affari che vuole divenire armatore, sta lavorando per vederla navigare di nuovo accogliendo a bordo un buon numero di passeggeri in cerca di emozioni forti. Vorrebbe fare ripercorre al “Titanic” la rotta che si interruppe drammaticamente tra gli iceberg, tra razzi lanciati nel cielo per chiedere aiuto, tra messaggi radio compresi troppo tardi dalle altre navi e con l’orchestrina di bordo che suonava mentre lo scafo lentamente si inclinava per inabissarsi.

L’avvio del progetto era stato fulmineo. Sembrava tutto facile. Invece ora si sono concretizzati molti interrogativi e problemi. In sintesi i tecnici si chiedono se si può ricostruire il “Titanic” così com’era nato. E se si può far navigare in sicurezza tra l’Europa e gli Stati Uniti una replica esatta del più sfortunato transatlantico della storia come fosse una paciosa nave da crociera. Si possono ignorare cent’anni di evoluzione delle tecnologie costruendo una nave progettata all’inizio dello scorso secolo?

Una delle risposte a questi quesiti posti dal miliardario australiano Clive Palmer, viene da Trieste, da uno studio specializzato in allestimenti e arredi navali. Lo dirige Maurizio Eliseo che da più di vent’anni ha lavorato per le maggiori compagnie crocieristiche mondiali. Dalla Cunard Lines, alla Carnival, alla Costa, solo per citare i nomi delle società più note al grande pubblico. Il problema a cui lo studio triestino - il Thalia sas - deve rispondere a Clive Palmer è direttamente collegato alle sempre più severe norme di sicurezza imposte per poter navigare con passeggeri bordo. Il legno non può essere più utilizzato nell’arredo degli interni, così come tutti i materiali impiegati a bordo devono essere ignifughi. La lunghezza di un salone del nuovo transatlantico non può superare i 36 metri di lunghezza per evitare una compartimentazione troppo “larga” che determina l’inefficacia delle porte tagliafuoco.

Le scialuppe - il cui numero sul vecchio Titanic era del tutto insufficiente anche se regolare a livello normativo - oggi devono necessariamente poter ospitare tutte per persone presenti sulla nave. I circuiti elettrici devono essere duplicati, seguendo percorsi diversi l’uno dall’altro. Senza energia, lo ha dimostrato una recente avaria subita da una nave da crociera costruita da Fincantieri, non funzionano nemmeno gli scarichi dei gabinetti con ciò che ne consegue per i malcapitati crocieristi. In sintesi ricostruire oggi il Titanic secondo i piani elaborati più di cento anni fa, è molto difficile. E il sogno utopico di Clive Palmer, deve necessariamente essere adattato alle attuali regole di sicurezza. Per far rivivere ai passeggeri le emozioni provate dagli emigranti di un secolo fa l’ideatore di questa iniziativa aveva previsto che nello scafo del nuovo “Titanic” fossero costruiti cameroni e cuccette identiche al progetto originario.

Invece le norme di sicurezza dicono che simili dormitori non possono essere costruiti, nemmeno per suggestionare i crocieristi in cerca di sensazioni forti. La White Star Line, la compagnia proprietaria del “Titanic”, cento anni fa, ammassava nelle parti basse dei propri transatlantici, migliaia di emigranti costretti a vivere in modo indecente, con pochi bagni a disposizione ed esigui spazi sui ponti esterni per respirare, ammassati, un po’ d’aria pulita.

Va tenuto conto che tutta la nave deve essere dotata di aria condizionata, di moderni motori diesel al posto degli antichi propulsori a vapore. Due macchine alternative e una turbina. Le eliche dovrebbero essere ridotte da tre a due. Lo scafo non potrà non essere costruito a blocchi la tecnologia oggi imperante, mentre cent’anni fa le lamiere venivano curvate e sagomate alla forgia una a una e poi “cucite” con migliaia e migliaia di chiodi che a Trieste si chiamavano “brocche”.

È aperta anche la caccia a un cantiere perché quello cinese che sembrava essersi aggiudicato la costruzione, non ha mai realizzato né transatlantici, né moderne navi da crociera. E in questo settore non si improvvisa nulla a meno che non si voglia introdurre un ulteriore elemento di paura, di inquietudine ed incertezza per richiamare i passeggeri. Titanic, la morte in agguato tra gli iceberg.

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