Il “piccolo principe” da adulto ha aperto un’enoteca a Bruxelles

Dimitri della Torre e Tasso: troppa burocrazia per lavorare in Italia. Spesso torno a Duino dalla famiglia e dal fantasma...
Di Micol Brusaferro

Da principe del castello di Duino a principe dei vini a Bruxelles. Dimitri Della Torre e Tasso, primogenito della nobile famiglia, figlio di Carlo Alessandro e Veronique, da oltre due anni si occupa dell'enoteca "Etiquette - The Brussels Wine Experience", locale che propone un'ampia selezione di vini da tutto il mondo, e che punta nei prossimi anni a espandersi in altri Paesi con nuovi punti vendita.

Dopo aver seguito per alcuni anni gli eventi culturali della storica dimora, Dimitri ha deciso di trasferirsi all'estero e inseguire un carriera indipendente, prima come consulente alberghiero, poi con Etiquette, insieme a un team internazionale di soci. Un settore, quello della ristorazione, scelto anche dal fratello minore Max, che sta raccogliendo grande successo a Londra con Nozomi, locale molto famoso, particolarmente gettonato anche dalle star.

Come è maturata la decisione di lasciare Duino?

Avevo voglia di cambiare e il castello ormai era ben avviato. Mi sono trasferito in Belgio e qui per alcuni anni ho lavorato nel settore della consulenza alberghiera, viaggiando molto. Ho portato a termine gli studi proprio in questo campo e già prima della partenza era parte del mio impegno a Trieste. Poi, quando già vivevo in Belgio, è arrivata l'idea dell'enoteca. La nuova avventura è iniziata l'8 settembre del 2011. Mi occupo dello sviluppo della società e della ricerca di nuove potenziali location.

E per quale motivo la scelta è caduta proprio sul Belgio?

Nella mia vita ho viaggiato molto, Bruxelles mi mancava e all'inizio mi ha spinto il desiderio di scoprire una città nuova, interessante per molti motivi, per la presenza delle istituzioni europee, per la bellezza della zona e per gli ottimi collegamenti con tutto il continente. Come consulente alberghiero nei primi anni gli spostamenti erano molto frequenti e l'aereo era la mia seconda casa. Da quei primi tempi sono passati sei anni. Volo molto meno, ma resto qui, mi trovo in un centro dinamico, la città mi piace, è molto "europea", c'è movimento, grandi aziende e una generale vivacità che apprezzo.

Qual è lo spirito e il carattere di Etiquette?

Valorizziamo il vino in tutti i suoi aspetti, una ricerca attenta e precisa sulle varie etichette, le provenienze e le peculiarità di ogni bottiglia. Ci occupiamo di vendita, degustazioni, con un wine bar curato, affiancato da una cucina stile "tapas" e un brunch molto apprezzato. In poco tempo abbiamo catturato l'attenzione dei belgi ma anche di molti turisti di passaggio. E tra questi anche parecchi italiani. Spesso tra i nostri clienti ci sono personaggi molto conosciuti in città e attori famosi. Un’impresa nuova sì, ma un amore per il vino che porto con me da parecchi anni, è un ambito che mi piace. Sono sempre alla ricerca di nuove proposte, nuove idee. A Bruxelles sono molto richiesti i vini francesi, ma vorrei iniziare a far conoscere ai nostri clienti sempre più anche i prodotti italiani, non solo un buon bicchiere, ma prelibatezze enogastronomiche della nostra terra. In parte ho già iniziato, inserendo nel menu anche il prosciutto d'Osvaldo, un'ottima pancetta e il vino di Schiopetto. Sono l'unico socio italiano e vorrei portare gradualmente i sapori del mio Paese qui in Belgio. Tra gli obiettivi per il futuro inoltre c'è la volontà di aprire altri locali, una catena di Wine Bar, in altre città europee.

Ci sarà anche l'Italia tra le possibili sedi di apertura?

In Italia assolutamente no. La burocrazia e le tasse sono impossibili, tanto più per gli imprenditori, in aggiunta a lungaggini e contratti di lavoro dove la flessibilità non è studiata in modo adeguato. Qui a Bruxelles le procedure non sono semplicissime, ma di sicuro più facili. In Italia, sentendo le considerazioni di molte persone, ci si aspetta una riforma decisa, che aiuti le imprese, ma quello che si vede, tanto più vivendo all'estero, è la situazione ingarbugliata di un Paese dove, in tutti gli schieramenti, i politici litigano ma fanno ben poco per i cittadini e per chi lavora. Per le possibili nuove aperture sto valutando quindi altri siti, come la Germania o il Lussemburgo.

E Trieste invece come la vede dall'estero?

Torno spesso nei week-end, soprattutto per trovare la mia famiglia. Resto spesso al castello, se vengo a Trieste mi sento quasi un turista di passaggio. Non vedo grandi cambiamenti, forse più movimento e spirito d'iniziativa proprio nel settore della ristorazione. Ho visto con piacere nuove aperture di ristoranti e altri locali, spero possano raccogliere un successo duraturo.

Continua a seguire la vita lavorativa del castello?

Anche se sono lontano seguo comunque tutto ciò che riguarda Duino. La nostra splendida dimora soffre della crisi come tutto il Paese, la manutenzione è molto onerosa e non ci sono aiuti, ma si fa il possibile, sempre con grande attenzione e rispetto verso il passato.

Quali sono i ricordi che la legano al castello e che lontano da casa conserva con affetto?

I ricordi dei giochi da bambino, quando ancora la struttura non era aperta al pubblico, sono unici, indelebili. Trascorrere momenti di divertimento in uno scenario così fantastico è qualcosa di speciale. E poi non dimentico nemmeno il fantasma, che ci fa compagnia da anni al castello e che per tre volte ho sentito chiaramente, quando ero alle medie, poi da adolescente e l'ultima volta a 19 anni. Inquietante ma allo stesso tempo affascinante. Un rumore di passi, che ti vengono incontro. Non ha mai fatto male nessuno e, a suo modo, alimenta una leggenda curiosa. Non so se sia davvero il fantasma della Dama Bianca come si racconta, ma di sicuro qualcosa c'è.

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