Importavano a Trieste cocaina dal Sud America: nove arresti e sequestri per 47 milioni

L’indagine delle fiamme gialle dalla Calabria a Trieste. Sgominato un gruppo affiliato alla ’Ndrangheta. Nel 2022 arrivò in Porto un carico di droga nascosto nei sacchi di caffè

Maria Elena Pattaro
La droga mischiata con i chicchi di caffè. Foto Guardi di Finanza
La droga mischiata con i chicchi di caffè. Foto Guardi di Finanza

C’era anche il porto di Trieste tra gli scali strategici del loro traffico internazionale di droga. A settembre del 2022 erano stati scovati 100 chili di cocaina importati dal Sudamerica, occultati dentro ai sacchi di caffè in un container proveniente dal Perù. Polvere bianca mescolata ai chicchi per confondere l’olfatto dei cani molecolari.

Quel quantitativo sarebbe fruttato ai narcos qualcosa come 20 milioni di euro. Proprio quel sequestro, eseguito dalla Guardia di finanza, è stato una delle operazioni che ha permesso di smascherare un’organizzazione criminale calabrese di matrice ’ndranghetista che serviva gli interessi della cosca Gallace. Nove i soggetti arrestati ieri e ora in custodia cautelare in carcere. E sequestri per oltre 47 milioni di euro, pari al profitto dei reati contestati. Nonché fabbricati e terreni per un valore di 600 mila euro.

maxi sequestro
Porto di Trieste, oltre un quintale di cocaina nascosta nei sacchi di caffè. Aperta un’inchiesta
La droga mischiata con i chicchi di caffè. Foto Guardi di Finanza

Le Fiamme gialle hanno eseguito l’ordinanza emessa dal gip del tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Procura della Repubblica. Gli indagati sono accusati a vario titolo di aver promosso, diretto, finanziato, organizzato e realizzato un intenso traffico internazionale di stupefacenti. Le indagini sono state coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ed eseguite dal Gico (Gruppo investigazione criminalità organizzata), con tanto di collaborazioni con i colleghi d’oltreoceano: la Dea statunitense e la Dcsa di Lima, Perù. Collaborazione che aveva permesso di intercettare, appunto, il carico di cocaina occultato nei sacchi di caffè. Il quartier generale dell’organizzazione si trovava a Guardavalle, luogo di radicamento della cosca Gallace. Un ruolo centrale sarebbe stato rivestito da un broker calabrese, ritenuto “uno dei referenti più grossi della Calabria”, di stanza in Germania. Le operazioni illecite sarebbero state tutte dirette e coordinate da un elemento di vertice della cosca Gallace, esponente apicale della ‘ndrangheta.

Mafia, corruzione, caporalato: il rapporto di ottobre 2024 della Cgil Veneto
Il Ris al lavoro sui luoghi di Unabomber

È da Guardavalle, secondo gli inquirenti che il gruppo gestiva i carichi di droga destinati alla piazze di spaccio italiane ed europee. Per questo si sarebbe dotato di una ramificato sistema di referenti e basi logistiche in tutta la penisola (dal Lazio alla Lombardia, dalla Sardegna alla Toscana). E anche all’estero. La cocaina veniva importata dal Sudamerica, principalmente dal Perù, dalla Colombia e dal Brasile. Paesi in cui dimoravano stabilmente alcuni affiliati, che si occupavano di reperire la droga e nasconderla nei container caricati a bordo delle navi cargo dirette verso l’Europa. Fiumi di droga che solcavano l’Atlantico approdando nei porti del Nord Europa (Rotterdam, Amburgo e Anversa) e dell’Italia (Trieste, Genova, Livorno, Civitavecchia, Gioia Tauro). E da lì poi inondavano le piazze di spaccio, fino ad arrivare nelle mani dei consumatori finali. Negli scali portuali, nodi strategici della filiera del narcotraffico, entravano in azione uomini dell’associazione in grado di recuperare la merce illecita.

La droga mischiata con i chicchi di caffè. Foto Guardi di Finanza
La droga mischiata con i chicchi di caffè. Foto Guardi di Finanza

Non solo navi: la droga sarebbe arrivata anche via aereo, nell’aeroporto di Francoforte; e tramite corriere, dentro alla frutta. L’escamotage consisteva nel versare cocaina liquida nel succo di moringa (albero del rafano, ndr) o di inzuppare gli scatoloni che contenevano la frutta colombiana. Tutto pur di aggirare i controlli doganali. Su questo import illegale, la Procura di Catanzaro sostiene di aver raccolto «gravi indizi», come si legge in una nota.

 

Maxisequestro di coca diretta a Trieste

L’organizzazione avrebbe commercializzato, inoltre, ingenti quantitative di hashish destinati ai mercati di Roma, Grosseto e Milano, nonché ingenti additivi chimici in grado di convertire la canapa legale in sostanza stupefacente e psicotropa. Il gruppo avrebbe anche allestito piantagioni di marijuana in Toscana, Lazio e Calabria. Fondamentali sono state le chat di gruppo usate per pianificare le attività. Decrittarle ha permesso agli investigatori di identificare buona parte dei componenti. Tra maggio 2020 e marzo 2021 la Dda ha ricostruito importazioni di narcotico per oltre una tonnellata di cocaina e più di 200 chili di hashish.

Diciassette i sequestri (per oltre 400 chili di cocaina) effettuati in Italia e all’estero e ricondotti all’organizzazione. Numeri a cui si era poi aggiunto il maxi sequestro triestino della cocaina mischiata al caffè. —

 

Riproduzione riservata © Il Piccolo