«In Europa per dare voce alle minoranze linguistiche»

L’uscente Dorfmann, capolista di Südtiroler Volkspartei, nelle scorse settimane ha fatto tappa anche nell’area triestina: «Con l’Unione slovena un sodalizio storico e un impegno comune»
Giovanni Tomasin
L’europarlamentare uscente Herbert Dorfmann fotografato a Trieste
L’europarlamentare uscente Herbert Dorfmann fotografato a Trieste

TRIESTE. «Lo spirito europeo aiuta le minoranze linguistiche a entrare in una comunità più grande, vale anche per quelle del Nord Est». L’europarlamentare uscente Herbert Dorfmann è, anche in questa tornata di elezioni per Bruxelles, il capolista della Südtiroler Volkspartei (Svp). La storica formazione dei germanofoni del Tirolo meridionale parteciperà alla tenzone in apparentamento con la Slovenska Skupnost, la cui candidata Franca Padovan (ex sindaca di San Floriano) corre sotto il simbolo della stella alpina. Ospite dell’Unione, ha partecipato nelle settimane scorse a degli incontri con gli elettori a Trieste e Dolina.

Qual è il ruolo che Svp intende avere nell’europarlamento?

«Certamente occuparsi di diritti delle minoranze in senso stretto, ma non solo. La questione dei confini aperti è molto importante per le minoranze linguistiche, da noi così come qui con il confine sloveno. Pensiamo ai vantaggi e agli sviluppi che l’adesione di Lubiana a Schengen ha avuto. Io penso che le minoranze dovrebbero avere un pensiero europeista: cooperazione transfrontaliera, euroregioni, sono tutti temi di cui ci occupiamo».

Lei è stato responsabile del gruppo europeo del Ppe per le politiche agricole. Cosa pensa delle recenti polemiche sulle misure per la transizione ecologica?

«Lo sviluppo delle zone rurali e la cultura in senso stretto restano un elemento importante. Anche l’agricoltura in senso stretto lo è, pensiamo a cosa rimarrebbe del paesaggio e dell’economia del Collio senza di essa. Dopodiché io penso ci sia stata un po’ una deriva ideologica sulle politiche agricole, che abbiamo corretto. Ciò non toglie che il cambiamento climatico sia un problema serio, d’altra parte colpisce l’agricoltura prima di tutti: chi la fa non ha il tetto sopra l’azienda, come qualcuno che lavora in ufficio con condizionatore e riscaldamento. Quindi sì a una agricoltura sostenibile ma no a derive ideologiche».

In che senso?

«Intendo la lotta contro la carne animale o il latte. O contro l’uso degli antiparassitari, che vanno ridotti ma in certi casi servono. A mio avviso le proteste hanno aiutato a far capire questa situazione alle persone».

Anche in questa tornata siete apparentati con la Slovenska Skupnost.

«È una lunga tradizione: la prossima legislatura sarà la decima dal 1979, da quando i cittadini europei eleggono il parlamento, in cui corriamo in questa lista comune sotto il nostro simbolo, la stella alpina. Noi rappresentiamo la minoranza linguistica tedesca, abbiamo un candidato della minoranza latina e Franca Padovan per la minoranza slovena, a dimostrazione del nostro impegno comune per le minoranze linguistiche del Nord Est italiano».

Assistiamo a un ritorno dei nazionalismi in Europa. Anche la nostra presidente del Consiglio usa spesso un “Nazione” palesemente maiuscolo al posto di Repubblica. Come si sente in merito?

«Penso che da quando si vota per le europee forse non c’è mai stata una situazione così complicata. È connesso ovviamente alle guerre in Ucraina e a Gaza, ma non è solo questo. Tutti sentiamo che c’è uno spostamento tettonico in atto negli equilibri mondiali, penso a Cina, Russia e India, e che questo è connesso alla questione della competitività della produzione in Europa, e quindi dei posti di lavoro. Io non credo che questa sfida la possa vincere una nazione o un paese da solo. Per i più piccoli è così, ma non credo avrebbero successo nemmeno Germania, Italia o Francia. Queste cose vanno dette ai cittadini. Mi rendo conto che il nazionalismo tira in tutta Europa, e regolarmente torna per le elezioni europee, ma bisogna chiedere alla gente: un paese come l’Italia starebbe davvero meglio da solo? Siamo sicuri?»

Correte apparentati a Forza Italia?

«La legge elettorale italiana dà alle minoranze questa possibilità, unica in Europa assieme al Belgio. È un vantaggio per noi, ma per superare lo sbarramento dobbiamo fare una alleanza tecnica con un altro partito. Non abbiamo firmato alcuna coalizione con Forza Italia, tant’è che abbiamo la nostra lista con il nostro simbolo. Chi vota per noi vota per noi, non per altri, per aiutarci a portare un deputato a Bruxelles».

Tornerete a iscrivervi al Partito popolare europeo?

«Sì, è il gruppo a cui apparteniamo».

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