«In quei giorni del ’53 giravamo a Trieste super scortati»

L’ex sergente Crimp, autista del governatore del Gma Winterton, è tornato in città: «Il generale era molto dispiaciuto per i morti, ma era un soldato». Voleva restare
Lasorte Trieste 13/06/14 - Ex Militare Alleato e Foto Riprodotte
Lasorte Trieste 13/06/14 - Ex Militare Alleato e Foto Riprodotte

«Ero a fianco del generale anche in quei drammatici giorni di novembre e posso testimoniare che era sinceramente rammaricato e preoccupato per le violenze e per i morti di quella circostanza. I duri disordini di piazza e l’uccisione dei manifestanti davanti alla Chiesa di Sant’Antonio e in piazza dell’Unità andavano contro la sua linea d’azione che tendeva a mantenere la situazione sicura al minore prezzo possibile». Il generale è Thomas John Winterton e le vicende quelle, drammatiche e gloriose, del novembre 1953 quando migliaia e migliaia di triestini si riversarono nelle vie e nelle piazze di Trieste per reclamare ancora una volta il ricongiungimento alla Patria.

I particolari di prima mano, le sensazioni personali, i risvolti “minori” ma non per questo meno interessanti di vicende ampiamente conosciute sono forniti davanti a un caffè in un hotel del centro da Terence “Terry” Crimp. Ottant’anni tra un paio di giorni, all’epoca era sergente dell’esercito britannico e autista personale dell’alto ufficiale, allora a capo del Governo militare alleato che amministrava la Zona A di quello che nei progetti doveva diventare il Territorio libero di Trieste ma che non venne mai realizzato nella pratica. «Winterton - precisa il gioviale ed energico ex reduce - era un uomo splendido, un alto ufficiale molto decorato, avendo servito in precedenza come chief of staff di Lord Mountbatten nel Sudest Asiatico. Era anche aiutante di campo di re Giorgio sesto». In quelle giornate di novembre la situazione era comunque tesa alle stelle e i britannici non si sentivano per nulla al sicuro, specie fuori i limiti cittadini.

«Quei giorni - continua Crimp - per muoverci da Duino, residenza del generale, a Trieste oltre alla solita scorta della polizia militare avevamo quella del Sas (Special Air Service, ndr), le truppe speciali. Alla fine, Winterton era un militare: cercò di convincere i triestini a non eccedre, poi per assolvere al suo mandato impiegò la forza».

“Terry” è in città con la moglie e una quindicina di ex commilitoni e loro familiari uniti nella Betfor (British Element Trieste Force) Association. È la quarta volta, la prima nel 1980, che viene a rinverdire i ricordi di quello che definisce un periodo molto bello della sua vita, dal giugno ’52 all’ottobre ’54. Ora vorrebbe tornarci senza la moglie ma con il nipote, cadetto militare. «Sarebbe una cosa da uomini» celia. Ricordi tanto piacevoli da volere, allora, rinnovare il contratto con l’esercito per restare in servizio a Trieste. «Chiesi consiglio al mio generale - racconta - ma lui mi sconsigliò. Era qualche mese prima della nostra partenza dalla Zona A ma evidentemente lui sapeva qualcosa che io ignoravo». Crimp aveva la base della sua compagnia trasporti prima a Montebello, poi a Duino: «Era la polizia a intervenire in prima battuta nei “public troubles”, non noi dell’esercito. Anzi, quasi sempre in occasione di proteste ci consegnavano nelle caserme. A me, comunque, nessun italiano, in tutti quei mesi, ha mai gridato “Go Home”, “Torna a casa”, anche quando giravo in uniforme. Ma la situazione cambiava quando uscivamo dalla città. Per non parlare di quando andavamo nella Zona B, o a Lubiana o in altri posti, magari per incontrare il Maresciallo Tito. Bisognava stare attenti: cosa vuole, è la politica!». Ma a Trieste era tutta un’altra vita, anche se Crimp ricorda che i comandi scoraggiavano, o meglio non supportavano, le occasioni di socializzare con i residenti: «Ma noi stessi avevamo personale civile, la vita non era così male... eravamo ben pagati, preferivamo le speciali lire locali».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo