In scena il mercato del sesso

Al Teatro Bobbio viene riproposto “Sex Machine” con l’attrice Giuliana Musso e il suo attualissimo teatro d’indagine
Di Roberto Canziani

TRIESTE. «Le prostitute si possono chiamare in molti modi: meretrici, puttane, passeggiatrici, belle di notte, lucciole, troie, sex-workers, donnacce, donne facili, donnine leggere… I clienti si chiamano clienti».

Otto anni fa, Giuliana Musso riceveva il Premio dell’Associazione dei Critici di Teatro, per lo spettacolo in cui indagava, con una scrittura e un ventaglio di interpretazioni davvero originali, il mondo della prostituzione.

“Sex Machine” viene riproposto domani (ore 20.30, Teatro Bobbio) nel quadro di un progetto che La Contrada ha intitolato “Femminile Singolare” e che in queste settimane ha attivato laboratori e incontri, per proseguire il 4 dicembre con un altro spettacolo, “Dell’Umiliazione e della Vendetta” di Marcela Serli. Punti di luce diversi per illuminare un’identica dinamica sociale: i modelli di comportamento con quali noi tutti, maschi o femmine, oggi ci confrontiamo.

«La prostituta e i suoi clienti sono i soggetti del più grande paradosso nei nostri tempi» sostiene Musso, che in questi anni ci ha allenati, con il suo teatro d’indagine, ad anticipare problemi che toccano in maniera sensibile e talvolta esplosiva la nostra reattività su questioni etiche e civili.

“Tanti saluti” (2008) trovava il modo per affrontare, con delicatezza, il tema del fine-vita, proprio mentre stava crescendo il caso Englaro. “La fabbrica dei preti” (presentato lo scorso febbraio nella rassegna udinese Akròpolis) illustrava attraverso racconti toccanti le macerie affettive della formazione sacerdotale. E anni prima c’era stato anche “Nati in casa”, sui modi del nascere ieri e oggi.

Perché è proprio brava, Giuliana Musso, a lavorare sul presente, sia quando raccoglie dati e storie con metodi da sociologa, sia quando li riporta sul palcoscenico con padronanza piena dell’interpretazione e della scena. E personaggi che restano nella memoria. Così nel 2005, grazie anche al supporto di Carla Corso, che con Pia Covre aveva fondato il Comitato per i diritti civili delle prostitute e aveva scritto “Quanto vuoi? Clienti e prostitute si raccontano”, era nato questo spettacolo. Che non ha mai messo di segnalare la centralità del problema, anche alla luce delle vicende che oggi impongono ai media titoloni pieni di “lolite e lolitine”.

«Avevo intervistato il più importante produttore di pornografia in Italia, il sessuologo, l’esperto di morale cattolica, professioniste e tante altre persone, per scoprire che il fenomeno della prostituzione - e dovremmo chiamarlo piuttosto “sesso commerciale” - riassume buona parte delle contraddizioni della nostra cultura» ricorda Musso.

«È sempre stato un tema scottante e pubblicamente dibattuto. Per me c’era anche la possibilità di raccontare il fenomeno in maniera più delicata, sfuggendo alla tentazione moralista che divide i buoni dai i cattivi, e mettendoci invece dentro il racconto di bisogni reali, emotivi, intimi. Creando i miei personaggi, avevo la possibilità di riempire l’argomento di umanità».

Si sa che il più radicato tabù sociale è proprio ciò che è veramente, profondamente umano. Così si alternano, in “Sex machine, monologo per più personaggi maschili sulla sessualità commerciale”, la testimonianze del pensionato, della madre di famiglia, dell’agente di commercio, della prostituta, del piccolo imprenditore. Tra antichi bordelli e discreti moderni appartamenti in affitto. La regia dello spettacolo, proposto mercoledì sera soltanto, è di Massimo Somaglino. Le musiche, eseguite dal vivo, di Gianluigi Meggiorin.

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