Istria, ragazzina di 14 anni in cella per omicidio. È scontro fra giudici

POLA. A tre mesi dall’agghiacciante omicidio premeditato che ha avuto per vittima un bimbo di soli tre anni, esplode il caso della ragazzina di 14 anni che si trova tuttora in cella con l’accusa di essere stata complice della madre del bimbo nel delitto: un delitto che lo scorso maggio ha profondamente scosso l’opinione pubblica non solo dell’Istria, ma anche dell’intera Croazia e della Bosnia ed Erzegovina (giacché il padre del piccolo risiede in quel Paese).
L’attenzione si sposta dunque ora su questo aspetto giuridico legale per via del coinvolgimento della 14enne nella vicenda. Sta facendo infatti discutere il rifiuto opposto dalla Corte costituzionale alla richiesta di revocare la carcerazione preventiva per la ragazzina, avanzata invece dall’avvocato della difesa.
L’adolescente - lo ricordiamo - si trova dietro le sbarre da tre mesi in attesa del processo, così come la madre del bambino ucciso, Chiara Pasić, di 32 anni: entrambe come detto sono accusate del delitto.
Al “no” della Corte costituzionale ha subito reagito Lana Peto Kujundzić, presidente della sezione per i minori del Tribunale regionale di Zagabria, secondo la quale i giudici avrebbero compiuto un errore di valutazione. «Ritengo che la corte - spiega Peto Kujundzić - abbia ignorato la Convenzione sui diritti dei bambini e che nel suo giudizio non si sia tenuto conto di quello che è il migliore interesse per la bambina.
Perché tale deve venire considerata una persona di 14 anni. Sono dell’opinione - aggiunge la presidente della sezione per i minori - che la carcerazione in un istituto, accanto ad adulti, non sia una misura adeguata alla sua età.
Viene da chiedersi quale sia lo scopo di tenerla rinchiusa, se per legge un minore non può venir condannato per un reato commesso prima del compimento dei 16 anni di età. Nel Paese ci sono altre istituzioni adeguate dove la bambina dovrebbe stare e ricevere un trattamento adeguato all’obiettivo della sua riabilitazione.
Se la bambina continuerà a stare in carcere con i delinquenti - così ancora Lana Peto Kujundzić - diventerà essa stessa una delinquente. L’interesse della società è invece che completi il percorso scolastico e ottenga un diploma».
Sulla delicata questione è stato interpellato il tutore civico per i minori Ivana Milas Klarić, che la pensa come la giudice Lana Peto Kujundzić. E aggiunge che in questo campo, in Croazia, non si rispettano gli standard internazionali e nemmeno la legislazione nazionale.
Ricordiamo che la sera del 23 maggio scorso Chiara Pasić aveva sporto denuncia alla polizia sostenendo che il figlio di tre anni era scomparso mentre giocava nel cortile sotto casa. La ricerca, durata per tutta la notte, non aveva dato esito.
La mattina successiva la madre stessa però aveva accompagnato gli agenti sulla costa di Vallelunga, all’interno del bacino portuale, dove il bambino era stato trovato senza vita, con evidenti segni di strangolamento sul collo. Secondo la polizia e la procura sarebbe stata la madre stessa a uccidere il bimbo in casa assieme alla quattordicenne e poi a portare il cadavere del piccolo a Vallelunga.
La donna - era emerso dalle prime ore delle indagini - soffrirebbe di disturbi psichici, forse connessi a un passato di tossicodipendenza. La denuncia della scomparsa sarebbe stato un tentativo di depistare gli investigatori. Quanto al movente, la madre, secondo fonti ufficiose, avrebbe ucciso il figlio perché era pronta a raggiungere un nuovo compagno in Macedonia: e il bimbo le sarebbe stato di intralcio.
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