Jazz&Wine ora guarda all’estate
Battuto ogni record nell’ultima edizione del festival. Controtempo pensa a un doppio appuntamento

Cormons, 27-10-2016 - JAZZ & WINE OF PEACE 2016 - Teatro Comunale - ÒAzizaÓ featuring Dave Holland, Chris Potter, Lionel Loueke and Eric Harland - Chris Potter tenor sax.Lionel Loueke guitar.Dave Holland bass.Eric Harland drums.. - Foto © 2016 Luca d'Agostino / Phocus Agency
CORMONS. Il jazz è femmina, lunga vita a Jazz&Wine of Peace. Verrebbe da dire così, dopo un’ultima giornata del Festival musicale che in quest’edizione 2017 ha battuto ogni record di presenze e che ieri ha chiuso davvero con dei botti in rosa. Si, perché probabilmente mai come quest’anno la manifestazione ha messo in mostra come ormai questo genere musicale sia sempre più caratterizzato da musiciste di livello altissimo. Prima dell’arrivederci ad un 2018 che potrebbe portare in dote con sé un ritorno ad appuntamenti del Festival anche in estate (concordi su quest’ipotesi sia la presidente di Controtempo Paola Martini, sia il sindaco di Cormons Roberto Felcaro: se son rose, come noto assai gradite dal gentil sesso, fioriranno), è stata infatti la domenica delle jazzwomen. Un antipasto in tal senso era arrivato già venerdì, con il trio italoamericano “Hear in now” formato solo da quote rosa, con Mazz Swift al violino, Tomeka Reid al violoncello e Silvia Bolognesi al contrabbasso, ma l’apice si è avuto senza dubbio nella giornata finale di ieri, quando la mattinata è stata illuminata dalla stella della trombonista israeliana Reut Regev, leader di un trio nel quale l’intesa con il marito Igal Foni alla batteria è splendida, mentre al pomeriggio la saxtenorista tedesca Ingrid Laubrock ha emozionato con il suo strumento in duo con l’altro sassofonista, il brasiliano Yedo Gibson, nel quartetto del bassista olandese Luc Ex per una band che davvero rappresenta, oltre al jazz, anche il “peace” della manifestazione, provenendo i 4 artisti da altrettanti Paesi diversi, e da ben tre continenti (Olanda, Brasile e Germania appunto, e poi l’americano Hamid Drake alla batteria). A 100 anni esatti da Caporetto, insomma, il territorio che vide l’avanzata bellica austroungarica oggi saluta un’altra calata straniera, anche in questo caso soprattutto di lingua tedescofona, ma fortunatamente di tenore del tutto opposta: c’è amicizia, condivisione e, appunto, pace nella musica, nel divertimento e nell’amicizia che si è potuta respirare nella settimana di jazz da tutto esaurito nel Collio. E che siano state le donne, in quest’edizione, a recitare la parte del leone, è un altro segno dei tempi (migliori): una volta era usuale godere del talento di grandi cantanti, nel firmamento jazz internazionale, oggi le donne esprimono qualità eccezionali suonando anche strumenti finalmente visti non più solo maschili, come appunto sax tenore e trombone. E proprio l’esibizione di Reut Regev, a Tenuta Villanova, è stato un autentico spettacolo non solo di note ma a tutto tondo, con la compositrice e musicista israeliana grande protagonista: tra i suoi brani “Montenegro” («L’ho intitolato così perché mi trovavo in quel momento proprio in quella splendida Nazione», ha spiegato), “Hula Hula” e “The last show” («L’ho pensato immaginandomi fosse il brano finale di una mia ultima volta sul palco, proprio come una star» si è presa un pò in giro la stessa Regev), si è sentito come l’artista mettesse nel suo trombone tutta se stessa. E le gag col marito batterista Igal Foni hanno dato un tocco di simpatia all’evento. Un suggerimento per il prossimo anno? Ancor più donne musiciste sui vari palchi del Festival.
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