La bandiera di Monfalcone nei mari del Nord

L’esperienza di Giulia Realdon su una nave oceanografica norvegese al largo delle isole Svalbard
Di Giuseppe Palladini

Il gagliardetto del Comune di Monfalcone ha sventolato nei mari del Polo Nord, a oltre 78 gradi di latitudine. A portarlo sulla nave oceanografica norvegese “G.O.Sars”, e a consegnarlo al comandante, è stata la monfalconese Giulia Realdon, già insegnante al Liceo Buonarroti e all’Isis Pertini, che nelle scorse settimane ha trascorso una decina di giorni sulla nave norvegese, impegnata in una serie di ricerche nello Stretto di Fram, a ovest dell’arcipelago delle Svalbard, ben oltre il Circolo polare artico.

Giulia Realdon ha partecipato alla missione scientifica - che ha visto impegnati 26 ricercatori delle più diverse nazionalità, fra cui un gruppo dell’Ogs di Trieste - in qualità di “Teacher at sea”. Si tratta di un progetto introdotto in Europa dall’Egu (European Geoscience Union), per permettere agli insegnanti di partecipare ad esperienze scientifiche in ambienti marini, e poi diffondere le loro esperienze in ambiti scolastici e universitari.

«Ho preso parte a uno dei workshop tenuti ogni anno dall’Egu a Vienna - racconta la professoressa - e in quell’occasione sono stata invitata alla missione oceanografica sulla nave norvegese». Agli inizi di questo mese, così, Giulia Realdon ha raggiunto la città norvegese di Tromso, base di tutte le spedizioni nelle aree artiche, dove si è imbarcata sulla “G.O. Sars”, una moderna unità di quasi 80 metri, dotata di laboratori di tutti i tipi e usata anche per ricerche nel campo ittico.

«Negli undici giorni in cui sono stata a bordo - spiega Giulis Realdon - i vari team di diversi paesi sono stati impegnati, 24 ore su 24, in ricerche di geologia, oceanografia, biologia marina e scienze ambientali. In particolare il progetto coordinato dall’Ogs di Trieste si chiamava “Prepared” ed era inserito nel programma europeo Eurofleets 2. Abbiamo navigato - prosegue - in vari tratti di mare delle Svalbard, specie a Sud e a Ovest dell’isola Spitsbergen, tutta coperta di neve e dove i ghiacciai arrivano fino al mare».

Il costo di esercizio di una nave oceanografica è molto elevato. Per questo i vari team sono divisi in squadre che operano come detto 24 ore su 24, su tre turni di otto ore. «Sono stata fortunata - racconta la docente - perchè le mie otto ore, divise in due parti, erano al mattino e alla sera. Dalla sala controllo dovevo verificare il funzionamento di un’apparecchiatura che veniva calata sul fondo, anche fino a 2mila metri, e che a diverse profondità prelevava campioni di acqua per determinarne vari parametri scientifici».

In questo periodo dell’anno, com’è noto, a quelle latudini il sole non tramonta mai. Nei momenti liberi dal lavoro, i ricercatori hanno quindi potuto ammirare più volte lo spettacolo del sole a mezzanotte. Spettacolari anche gli incontri, piuttosto frequenti, con varie specie di balene. «Quando non lavoravo - spiega sempre Giulia Realdon - mi dedicavo a intervistare i componenti dei vari team per il mio blog (tasprepared.blogspot.com) e a fare foto, sia dei paesaggi sia delle apparecchiature scientifiche. Fra queste, particolarmente interessante quella per estrarre campioni del fondo marino, le cosiddette carote. Quelle ottenute stavolta sono tra le più lunghe prelevate nell’Artico, e ora sono custodite dall’Ogs. Serviranno anche per conoscere il clima durante le ultime glaciazioni».

A bordo della nave oceanografica i ricercatori non erano comunque sempre al lavoro. Oltre a una palestra, a postazioni Internet, alla sala soggiorno, a bordo c’è anche una sala conferenze dove, su un maxi schermo, è stato possibile seguire le partite dei mondiali di calcio.

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