La città scopre il fascino dell’esperanto lingua viva e passaporto per il mondo

Prima lezione al Centro Lenassi del corso proposto dal Punto Giovani e dall’associazione triestina 
Bumbaca Gorizia 13.03.2019 Punto Giovani, corso esperanto © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 13.03.2019 Punto Giovani, corso esperanto © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

La storia



Con l’esperanto ciascuno fa un passo verso l’altro ritrovandosi su un piano di uguaglianza negli scambi internazionali. È una lingua equa. Democratica. Di tutti e di nessuno. Invita alla pace e alla convivenza anziché al conflitto e alle divisioni e ieri pomeriggio si è svolta al centro Lenassi la prima lezione del corso gratuito organizzato dal Punto Giovani e dall’Associazione esperantista triestina.

Punto di partenza dell’iniziativa è l’ottantaseiesima edizione del congresso nazionale che si terrà quest’estate a Trieste e che porterà i partecipanti a Gorizia il 28 agosto. A dispetto della dimensione italiana, sono attesi congressisti provenienti già da venti Paesi. In questo quadro, l’associazione triestina ha pensato di riaccendere anche nel capoluogo isontino i riflettori sulla lingua creata nel 1878 dal polacco Ludwik Lejzer Zamenhof. In città sono una decina gli esperantisti, ma non c’è un’associazione che li leghi tra loro.

Proprio per la loro posizione geografica al confine tra mondo latino e mondo slavo, Gorizia e Nova Gorica potrebbero rappresentare il luogo ideale per diffondere l’esperanto. Non solo permetterebbe un dialogo alla pari tra italiani e sloveni, potrebbe pure rafforzare la candidatura a capitale europea della Cultura 2025. Anche se è una lingua artificiale, non è una lingua utopica. A spiegarlo è Elda Doerfler, docente e segretario dell’associazione esperantista triestina: «Per me è una realtà che vivo ogni giorno perché tutte le mie corrispondenze avvengono in esperanto». «Forse è utopico pensare che diventi di massa, ma non è utopia», aggiunge Alberto Muzzo, docente del corso di Gorizia, ricordando che lui ha imparato l’esperanto dal vivo e non dai libri. Lo ha fatto nel corso di una full-immersion in Slovacchia con il progetto Erasmus+. Originario della Sardegna, ha studiato lingue e vive a Gorizia da tre anni. «Chi parla questa lingua può girare tutto il mondo è una lingua che unisce. Non divide». L’esperanto, dunque, insegna ad accettare l’altro proprio perché permette di parlare alla pari. Nella comunicazione internazionale si elimina la possibilità che un interlocutore utilizzi la propria lingua madre, ottenendo così un vantaggio sugli altri partecipanti alla conversazione. Tra i partecipanti al corso c’è, invece, Alessia Ferk. «Io ho studiato on-line, ma mi manca la conversazione», nota sottolineando la versatilità della lingua. In aula c’è anche Julio Ortega: viene da Madrid, è in Italia con il progetto Erasmus. Si è appassionato all’esperanto e ricorda che è disponibile tra le lingue proposte dall’app Duolingo. Anche se ha ormai 141 anni, la lingua codificata da Zamenhof è viva e al passo con i tempi. Se le traduzioni di opere senza tempo come la Divina Commedia o il Don Chisciotte possono apparire “atti dovuti”, sono disponibili sul mercato traduzioni di opere ben più recenti e molto più popolari come i fumetti di Diabolik o di Lupo Alberto.

Secondo le stime, a conoscere l’esperanto sono alcuni milioni di persone nel mondo. È parlato in oltre un centinaio di paesi. Il segreto è la sua semplicità. La struttura delle parole, pur apparentemente simile a quella delle lingue europee di tipo “flessivo”, in realtà si avvicina a quella delle lingue asiatiche di tipo “aggiuntivo”. «Per noi europei che parliamo lingue neolatine è più facile apprendere i vocaboli, ma lo scheletro è più vicino al sistema utilizzato dalle lingue asiatiche - nota Elda Doerfler -. Un europeo in sei mesi impara le regole, poi deve solo praticare. Un orientale ha bisogno di un anno e mezzo, ma è sempre meno del tempo necessario per imparare l’inglese, che è la lingua più semplice». Mentre le lingue naturali evolvono e si modificano insieme alla società, l’esperanto rimane fedele a se stesso. «Non è cambiato dal primo congresso internazionale del 1905 quando Zamenhof ha presentato la grammatica e questa è stata la sua forza», ribadisce Elda Doerfler. —



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