La Croazia accelera sulle nozze gay

TRIESTE. La Croazia sta preparando una legge sulle unioni civili per le coppie omosessuali che garantisca loro la piena parità rispetto alle coppie eterosessuali sposate e forse anche alcuni diritti nell’ambito delle adozioni. Lo ha annunciato il ministro della Funzione pubblica, Arsen Bauk, in un’intervista al giornale di Zagabria Jutarnji list. Le coppie gay e lesbiche avranno tutti i diritti e i doveri delle coppie sposate, come quello all’eredità del partner deceduto, i benefici sociali e gli sgravi fiscali, ma la loro unione non si chiamerà matrimonio bensì “partenariato di vita”.
Le cerimonie si svolgeranno, ha spiegato il ministro, «nei municipi, in modo solenne», al pari dei matrimoni. Il governo di centrosinistra guidato da Zoran Milanovi„ ha più volte ribadito che non saranno permesse le adozioni, anche se si sta considerando di introdurre il diritto «per un membro della coppia di adottare il figlio biologico dell’altro, nel caso il genitore naturale sia sconosciuto o non più in vita». E si è anche discusso in seno al governo, secondo il ministro, della possibilità che, in caso di unioni lesbiche, una delle donne possa sottoporsi a inseminazione artificiale. Resta però un problema. I popolari (Hns), partner di governo nella coalizione Kukuriku, hanno pubblicamente affermato di essere favorevoli anche al fatto che le copie gay possano adottare un bambino proprio come quelle eterosessuali.
La proposta per il matrimonio gay come formulata dal governo sarà presentata a settembre nel corso di un incontro pubblico mentre sarà inviata per la prima lettura al Sabor (Parlamento) entro la fine dell’anno in corso.
Occorre ricordare però che il mese scorso un gruppo di organizzazioni vicine alla Chiesa cattolica ha raccolto, in pochi giorni, 750 mila firme, quasi il 20 per cento dell’elettorato, per indire un referendum che nella Costituzione definirebbe il matrimonio come un’unione esclusivamente «tra un uomo e una donna», proibendo di fatto i matrimoni gay. Per ora non è noto se e quando si terrà il referendum, al quale si oppongono i partiti politici al governo. Hanno firmato in 131.000 persone nelle prime 24 ore. La raccolta è avvenuta negli spazi pubblici più frequentati delle città croate, davanti a chiese cattoliche e ortodosse e università. Ma cosa potrebbe cambiare in caso di referendum e di una maggioranza favorevole al solo matrimonio “tradizionale”? «Bisogna sottolineare che non si tratta di un’iniziativa di cittadini, ma politica», più o meno tacitamente organizzata dalla chiesa cattolica. E «coordinata da membri di un piccolo partito, Hrast», “Quercia”, vicinissimo alle gerarchie ecclesiastiche, e da militanti di organizzazioni cattoliche, spiega Marko Jur›i„c, attivista per i diritti Lgbt e coordinatore del Zagreb Pride. Impatto? Difficile prevederlo ora, ma di certo è un «incoraggiamento alla discriminazione», perché stabilisce «che un amore è più valido di un altro», ma è anche una minaccia all’impianto giuridico esistente in Croazia, spiega Jur›i„. Croazia dove già dal 2003 «le unioni tra persone dello stesso sesso» che convivono da più di 3 anni «sono riconosciute come coabitazioni non registrate», con annessi limitati diritti legati a eredità e reciproco sostegno finanziario. E viste le intenzioni del governo croato l’obiettivo degli attivisti pro-referendum è «cambiare la Costituzione», quanto prima. E aggregare la Croazia ad altri Paesi dell’Est europeo che nelle loro costituzioni ricalcano quanto si legge sulle t-shirt degli attivisti croati: «matrimonio = donna + uomo».
Senza dimenticare poi lo scontro che sicuramente avverrà con la potentissima Chiesa cattolica croata già da tempo in rotta di collisione col governo Milanovi„ soprattutto dopo l’introduzione dell’educazione sessuale nel programma scolastico.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo